Sant’Antimo, le pietre devono continuare a cantare

Caro direttore, leggo soltanto ora, con un tuffo al cuore, grande stupore e rammarico, l’articolo su «Toscana Oggi» del 7 giugno scorso: «Sant’Antimo… Se le pietre non cantano più…». Ma come? Le pietre devono continuare a cantare, per tutti i fedeli e gli amanti di Sant’Antimo che, grazie alla comunità dei monaci premostratensi, che ha portato questo luogo sacro ad alti livelli di spiritualità, si sono avvicinati facendone il loro punto di riferimento.

È destabilizzante, stiamo perdendo veramente i nostri punti di riferimento… nella famiglia… nella società… e ora purtroppo anche nella Chiesa. Si chiudono le fabbriche, si chiudono i negozi e le piccole attività artigianali e ora si chiudono anche le chiese. Personalmente non credo così importante l’espansione della comunità sotto l’aspetto dello spazio materiale, dopotutto Sant’Antimo ha ottenuto, nel tempo, un’eco molto vasta e in continuo crescendo (questo è quello che ritengo essere più importante e significativo!).

Penso quanto sia stata rappresentativa e d’esempio la figura di don Lorenzo Milani che, pur operando in uno spazio limitato come la parrocchia di Barbiana nell’aspro territorio del Mugello, ha avuto una risonanza mondiale fino ai giorni nostri, diventando un esempio che dovrebbe far riflettere. Non parlo solo per me che durante la stagione estiva, ogni domenica, lascio Pienza percorrendo con gioia il lungo tragitto, per raggiungere l’Abbazia, avida di quella pace profonda che questo luogo sacro più di altri sa regalare. Fiumi di turisti provengono da ogni dove per vedere questo luogo forte, di una bellezza esasperata, per ascoltare la Messa in gregoriano e le belle omelie di cui i monaci ci fanno dono ogni domenica. Mi riesce difficile immaginare come queste pietre possano smettere di cantare.

Nives AlbertiPienza

Non posso che condividere, gentile Nives, quello che lei scrivi a proposito di Sant’Antimo. Del resto per noi di «Toscana Oggi» la notizia era talmente dirompente da dedicargli l’apertura della prima pagina e il paginone centrale del numero rammentato. In quell’occasione dicevamo anche la diocesi di Siena – Colle di Val d’Elsa – Montalcino, nel cui territorio si trova Sant’Antimo, si è impegnata a mantenere una presenza religiosa nell’antica abbazia. Sta per questo cercando una nuova comunità e ci auguriamo che la trovi prima possibile. Per il resto, come lei dice, è vero che stiamo perdendo i punti di riferimento un po’ in tutto e anche nella Chiesa. È anche vero che le vocazioni sono ridotte al minimo e forse nemmeno noi facciamo più di tanto per incoraggiarle e sostenerle. È la mentalità corrente. Basti pensare che in un programma televisivo in onda in queste settimane si chiedeva cosa un genitore non vorrebbe mai sentirsi dire da un figlio. Tra le quattro risposte possibili la prima diceva farsi prete o farsi suora.

Andrea Fagioli