Rischiano la condanna per aver difeso una processione
Caro direttore, inquisiti per rissa: hanno avuto il coraggio di difendere una processione. Avviene a Firenze, considerata ai tempi di Giorgio La Pira «il crocevia politico e spirituale della storia contemporanea». Il grande sindaco oggi rimarrebbe deluso dalla «città simbolo della pace e della civiltà», cui attribuiva «un ruolo misterioso e profondo», con «un’anima, un volto e un preciso destino». La sua idea di fondo era quella di costruire la Chiesa e la civiltà attorno all’Eucarestia. Per questo venerava la festa del Corpus Domini e nel 1958 la spiegava così, con il suo linguaggio semplice e l’inconfondibile, curiosissimo accento siculo-fiorentino: «L’è una cosa spettacolare, la gente non ci pensa: l’è il Signore che passa, l’è una festa grande. Dovete pensare che questo si fa in tutto il mondo: uscite di casa!».
Su questo c’è molto da meditare, soprattutto a Firenze. Il 26 giugno 2011 la processione notturna del Corpus Domini in Oltrarno (che passava per Piazza Santo Spirito, via dei Coverelli, via Santo Spirito, piazza Nazario Sauro, Lungarno Soderini, piazza del Cestello, Borgo San Frediano e piazza del Carmine) fu violentemente boicottata dalla «movida» giovanile e disturbata in particolare da una macchina che voleva assolutamente superare la lunga fila di fedeli (tra cui numerose donne e bambini), con i fari abbaglianti, i finestrini abbassati e la radio a tutto volume. Pur essendo stata autorizzata dalla Questura e dal Comune, la processione promossa dai parroci d’Oltrarno mentre attraversava il quartiere più popolare di Firenze non era accompagnata né dai Vigili urbani né dalle forze dell’ordine. A questi ultimi si sono dovuti sostituire, per bloccare il passaggio dell’auto «impazzita», tre personaggi molto conosciuti nel rione (Giovanni Pallanti, il fotografo d’arte Massimo Listri e Giuseppe Bellatti) che chiudevano il corteo.
Da allora la processione non è stata più fatta in quella zona. Forse sarebbe stata dimenticata, se a rievocarla non fosse un processo su querela, giunto alla terza udienza e poi aggiornato al febbraio 2017. Imputati i tre coraggiosi, improvvisati tutori dell’incolumità pubblica, denunciati dalla donna che era alla guida della vettura. Hanno dovuto affidarsi ad esperti avvocati per contrastare davanti al giudice monocratico del Tribunale le tesi della controparte, certi pregiudizi anticristiani e far emergere le loro buone ragioni dalle testimonianze in aula di funzionari del Comune (sindaco era Matteo Renzi) e dei Vigili urbani (comandati allora da Antonella Manzione, collaboratrice del premier a Palazzo Chigi); da quelle raccolte da agenti di Polizia e Carabinieri, che però quella sera non hanno svolto servizio. Richiamate le tante processioni con e senza scorta, tra cui quella del Corpus Domini del Duemila guidata dal card. Piovanelli, quando decine di autobus ed autovetture invasero la zona pedonale senza che ci fosse l’ombra di un vigile, sfiorando addirittura il baldacchino del Santissimo Sacramento.
Se fosse vivo, il «sindaco santo» Giorgio La Pira invocherebbe sicuramente un po’ di buon senso. Ma essendo stato uno dei padri della Costituzione italiana, forse spenderebbe qualche parola sulla libertà religiosa e di culto, che lui stesso contribuì a formulare nella nostra Carta repubblicana. Un diritto umano fondamentale, tutelato anche dalle Convenzioni internazionali, che plasma il modo in cui interagiamo socialmente e personalmente con i nostri vicini. La libertà religiosa – lo ripete spesso Papa Francesco – implica certamente il diritto di adorare Dio, individualmente e comunitariamente, come la nostra coscienza lo detta. Ma la libertà religiosa, per sua natura, trascende i luoghi di culto, come pure la sfera degli individui e delle famiglie. Le nostre diverse tradizioni religiose – e una delle più importanti è sicuramente la solennità del Corpus Domini – servono la società anzitutto mediante il messaggio che proclamano. Cercano di offrire significato e direzione, «posseggono una forza motivante che apre sempre nuovi orizzonti, stimola il pensiero, allarga la mente e la sensibilità». Esse chiamano alla conversione, alla riconciliazione, all’impegno per il futuro della società, al sacrificio nel servizio al bene comune. Forse questo la «movida» fiorentina lo ignora.
Francesco Cremona
Questa vicenda ha davvero dell’incredibile. Per più motivi. Il primo è il fatto in sé (di cui peraltro il nostro giornale si occupò subito scrivendone nelle pagine fiorentine): una processione con tutte le autorizzazioni del caso che non viene tutelata dalle forze dell’ordine. Il secondo riguarda la nostra giustizia, che è talmente ingolfata da non riuscire a fare processi in tempi accettabili per questioni ben più serie e che diventa capace di perdersi dietro un caso del genere. Vorrei sapere chi è quel giudice che ha rinviato a giudizio i tre che hanno difeso la processione e soprattutto l’incolumità di chi vi partecipava? Una terza riflessione riguarda la persona che ha disturbato la processione e poi ha sporto denuncia. Vorrei chiederle cosa pensa dell’intolleranza. Magari la condanna apertamente. Forse è anche una persona che rivendica i giusti diritti (i propri, però, non quelli degli altri). In ultimo non posso che esprimere la piena solidarietà mia e di «Toscana Oggi» a Giovanni Pallanti (che è anche un nostro collaboratore), a Massimo Listri e a Giuseppe Bellatti con la speranza che contro di loro e contro quello che hanno difeso non ci sia un accanimento. Qualcuno diceva che a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca.
Andrea Fagioli