Riforma costituzionale, ci vuole senso di responsabilità

Caro direttore, prendo spunto dalla sua giusta riposta sull’errore di contrapporre il Vangelo alla Costituzione, per allargare il discorso. È molto pericoloso considerare estranei alle norme giuridiche, ma in particolare alla Costituzione, i principi ideali, morali o spirituali. Può sembrare ingenuo rammentare il ricordo del parroco della Chiesa Nuova, a cui facevano capo i costituenti della «Comunità del Porcellino», fra cui La Pira, Dossetti, Lazzati, Fanfani: «Nessuno sa quante ore di preghiera stanno dietro ogni articolo della Costituzione». Con il che non si vuol dire che la Costituzione abbia una ispirazione confessionale (si potrebbe aggiungere il ricordo degli anni di sofferenza, di lotta, di carcere e di esilio che prepararono il contributo di tanti altri di diversa estrazione); ma indubbiamente la tensione morale e lo sforzo culturale che contraddistinse i lavori della Costituente produssero un testo ispirato a valori profondi attorno a cui si raccolse il consenso di tutte le correnti politiche e ideali d’Italia.

Ciò significa che – per stare all’indovinato parallelismo del vostro vignettista – «riscrivere» la Costituzione, a differenza del Vangelo, è lecito; ma considerarlo un fatto tecnico privo di attinenza con i valori fondamentali e le scelte di fondo, contrasta certamente con un approccio corretto a questo compito (specialmente da parte di chi finalizza la propria azione politica non alla scalata al potere ma all’attuazione di principi più elevati).

Mi riferisco anche alle parole di un altro noto «uomo pubblico» di ispirazione cristiana, Giovanni Bazoli, che, al termine di una recente lunga intervista, dichiara che la riforma costituzionale prossimamente sottoposta a referendum è «una brutta riforma, scritta male», ma che occorre approvarla perché altrimenti si perde l’occasione. Ecco, giudicare (come fanno anche altri personaggi) una riforma degna d’approvazione per il gusto di cambiare, anche se in peggio, mi sembra contrastante con il dovere di accostarsi con il necessario senso di responsabilità al grave compito di dare al paese le sue norme fondanti. Se si deve decidere su punti tutt’altro che indifferenti – quali il pluralismo, il rispetto delle comunità intermedie, i limiti del potere dei governanti, le garanzie delle minoranze – lo sforzo di confrontarsi con i criteri conformativi della «architettura dello stato democratico» (per citare La Pira) non è un lusso facoltativo, ma un elementare obbligo morale. Per ogni cittadino, ma in particolare per chi, come i cristiani, ha una certa concezione della comunità e della convivenza civile.

Piero Brunori

Grazie, caro avvocato, per questa ulteriore riflessione, che arricchisce un dibattito già avviato su queste pagine circa la riforma costituzionale e il prossimo referendum. Condivido il richiamo all’«elementare obbligo morale» che hanno tutti i cittadini, ma i cristiani in particolare, di accostarsi a certi temi con «senso di responsabilità». E questo credo valga sempre, anche al di là di quelle che poi saranno le valutazioni finali di ciascuno di noi e che si tradurranno in un «sì» o in un «no». Per quanto riguarda, invece, il giurare sulla Costituzione e non sul Vangelo, abbiamo già espresso, sia lei, caro Brunori, che io, il nostro parere. Allora credo sia corretto dare la parola anche al diretto interessato: Matteo Renzi. Lo faccio citando l’intervista pubblicata domenica scorsa su «Avvenire». Anche se, nel frattempo, sono arrivate lettere in redazione che contestano l’intervista stessa proprio nel passaggio in questione, ma anche mettendo in guardia dal fatto che le riforme costituzionali sarebbero un mezzo per Renzi per prendersi i pieni poteri.

Intanto, in attesa di tornare anche su questi argomenti, ecco il passaggio dell’intervista a cui accennavo, con la domanda dei due intervistatori, Arturo Celletti ed Eugenio Fatigante: «Lei ha detto di recente “ho giurato sulla Costituzione, non sul Vangelo”. La battuta aveva un incongruo “sapore” polemico: il Vangelo non è in antitesi alla Carta, tutt’altro. Vuole spiegare meglio il senso di quella frase?». Questa la risposta di Renzi: «Le confesso che ne ho molto discusso, anche con alcuni amici sacerdoti. Alcune delle persone più vicine mi hanno criticato, magari con affetto ma criticato. È una frase però che avevo già detto da sindaco e che sento molto vera. Io faccio politica perché la considero – in una fase della mia vita e non per sempre – una scelta coerente con il mio essere credente. Nella mia esperienza di vita credo di dover servire il mio Paese così. Ma quando la faccio, agisco in modo laico. Del resto il Vangelo contiene la più bella definizione di laicità, quando Gesù dice: “Date a Cesare quel che è di Cesare”. La fede è il valore più grande della mia vita. Ma quando agisco rappresentando un Paese rispondo alla Costituzione, non alla dottrina morale della Chiesa o alla gerarchia. Non lo dico in modo polemico, ma constato una realtà».

Andrea Fagioli