Quell’attimo fatidico tra la vita e la morte

Caro direttore, ho letto con attenzione e interesse la discussione a riguardo della morte e la scelta di «dove» andare. È in effetti argomento escatologico notevole. Mi sento chiamato a contribuire, nella mia piccola conoscenza, allo scambio di pareri. È vero quello che dice quella persona che è intervenuta, e cioè che dopo la morte i giochi sono fatti. È la dottrina della Chiesa, come si legge nel Catechismo della Chiesa cattolica al numero 1021, che riporto nella sua frase iniziale e più importante: «La morte pone fine alla vita dell’uomo come tempo aperto all’accoglienza o al rifiuto della grazia divina apparsa in Cristo».

È evidente, quindi, che dal momento della morte corporale l’uomo che non ha più il tempo aperto all’accoglienza o al rifiuto, cioè a dire di si o no a Dio. Si evince quindi che dopo la morte, avvenuto il giudizio (chiamato dalla Chiesa particolare), non si può più decidere «dove» andare.

Questo è ciò che insegna la Chiesa (e ciò che noi crediamo!) sulla base della Parola di Dio e della Traditio. Tuttavia… mi ha sempre fatto riflettere una discussione che ebbi con un conoscente a riguardo di una parente anziana, un po’ strana, come veniva considerata. Ebbene, la malcapitata parente si era suicidata buttandosi dal secondo piano di un ospizio per anziani. Era stata mandata lì, principalmente, per «levarsela d’intorno», quindi considerata come papa Francesco dice uno scarto. È molto probabile che il suicidio fosse stato scelto proprio perché l’anziana si era sentita rifiutata ed emarginata.

Quel conoscente, avendo avuto l’anziana parente in antipatia, mi disse, giorni dopo la sua morte: «Ancora non ha raggiunto il fondo dell’inferno…». Si riferiva sicuramente alla vita non molto cristiana della parente e al suicidio. Io gli risposi: «Perché dici così? Non possiamo sapere… Immagina ad esempio che fra il tuffo nel vuoto e la botta nel terreno, in quei due secondi, Dio può aver parlato alla figlia». Per Dio, due secondi, o un millesimo di secondo, possono essere lunghissimi se, come si legge nei Salmi, un giorno è come mille anni. E in questo brevissimo, per noi, lasso di tempo Dio può aver chiesto alla parente se accoglierLo o meno… E lei può aver risposto, bene, forse male, ma speriamo bene.

Morale dell’aneddoto: se è vero che Dio ha stabilito che dopo la morte non c’è possibilità di scegliere, prima, nell’attimo fatidico, avrebbe tutto il tempo che vuole per riproporsi come Signore ed essere accolto. Dio è padrone, fra le altre cose, anche del tempo che lui stesso ha creato. Spero di aver dato materia per un’ulteriore riflessione.

Michael Mellner

Ti ringrazio, carissimo Michael, per questo tuo contributo che aggiunge, eccome, «materia per un’ulteriore riflessione». È talmente chiaro, anche perché basato su vicende reali e drammatiche, che non occorre aggiungere altro, se non sottolineare, a proposito anche del tempo, la nostra pochezza di fronte all’onnipotenza di Dio. Mi fa comunque piacere che questi temi abbiano suscitato un vasto interesse che si è concretizzato nei vari interventi finora ospitati in questa pagina e nella rubrica «Risponde il teologo», che continua a essere una delle più seguite sul giornale cartaceo e sul nostro sito internet.

Andrea Fagioli