Quella chiesa è un’offesa ai poveri

Caro Direttore,molti anni fa partecipai ad una messa per i malati celebrata all’esterno, nel bel giardino retrostante la clinica Villa dei Glicini, a Careggi (Firenze); in quell’occasione il sacerdote officiante sottolineò che una chiesa come quella era meravigliosa, un tempio naturale creato dalla mano di Dio, che nessun uomo avrebbe potuto costruire. Mi sono ricordato di queste parole alla notizia che a San Giovanni Rotondo sono stati spesi ben 35 milioni di euro (pari a ben settanta, diconsi settanta, miliardi di vecchie lire!) per costruire una mega basilica. Non dico che la chiesa non dovesse essere costruita, ma è la spesa iperbolica occorsa per realizzarla che mi ha scandalizzato. E mi sono chiesto quanti missionari – cattolici e non – e quanti volontari laici lottano e si sacrificano tutti i giorni per cercare i mezzi necessari a debellare malattie, trovare un ricovero ed evitare la morte per fame ed anche per sete ad una moltitudine di esseri umani in ogni parte del mondo.Non mi voglio divulgare nei particolari; rilevo soltanto che il responsabile della struttura, Padre Cuvino, ha affermato sorridendo che «le opere belle costano». Certo, anche nel Medioevo e nel Rinascimento le pievi, le abbazie e le cattedrali che sono arrivate fino a noi avevano un costo, ma comparativamente molto inferiore a quello di oggi; inoltre allora ben pochi avevano il modo di conoscere le problematiche della miseria e della fame, non dico del mondo, ma neppure delle città vicine. Dobbiamo renderci conto che oggi la nostra esistenza è cambiata; tutti sanno tutto di tutti, i lontani si sono fatti «prossimo» e spendere una cifra astronomica per una chiesa mi sembra veramente un’ingiuria tremenda nei confronti dei milioni di nostri fratelli che vivono e muoiono nella più completa indigenza.Piero ToniniFirenze Un santuario così grande e costoso in onore di san Pio da Pietrelcina era proprio necessario? La risposta si può cogliere in quanto ha detto padre Paolo Cuvino, provinciale dei Cappuccini, nella conferenza stampa di presentazione: «Il motore di questo progetto è lo stesso San Pio attraverso il suo desiderio di una chiesa che non fosse una scatola di fiammiferi, ma grande e accogliente»; il nuovo santuario è in grado di ospitare fino a 6.500 fedeli, mentre un grande spazio aperto, comunicante con l’aula liturgica, consentirà ad oltre 30 mila persone di assistere alle cerimonie religiose. Ogni anno, infatti, sostano a San Giovanni Rotondo sei-sette milioni di fedeli. E l’architetto Renzo Piano ha realizzato un edificio sacro, funzionale e bello, arricchito da opere d’arte di grandi maestri. Certo costoso, perché «le opere belle costano».E qui si innesca il suo interrogativo, caro Tonini. Questa somma (30-35 milioni di euro) non poteva essere devoluta per lenire le sofferenze di tanti poveri sparsi nel mondo? È una domanda antica e ricorrente, presente già nel Vangelo, che spesso si imposta però su un aut aut che non mi sento di condividere, perché finisce per contrapporre due amori che – se autentici – si arricchiscono a vicenda.Innalzare a gloria di Dio chiese belle è stato sempre sentito come un modo di manifestargli amore e questo in tutti i tempi, come provano le chiese che impreziosiscono grandi città e piccoli paesi. E spesso era la comunità intera, poveri compresi, che contribuiva, nella consapevolezza che si costruiva la casa di Dio, ma anche la casa comune e quindi «se il mio poteva essere piccolo, il nostro doveva essere grande». Ma l’amore per Iddio che innalzava le cattedrali non era disgiunto dall’amore per i poveri come provano le tante opere nate e cresciute all’ombra dei campanili.E del resto lo stesso santuario di San Giovanni Rotondo si pone accanto alla Casa sollievo della sofferenza, opera grande… e costosa che allevia il dolore di tante persone.