Quella carica di violenza che in molti covano dentro
Ho passato in discoteca quasi tutti i sabati degli ultimi 10 anni e durante queste serate ho visto decine e decine di risse che, fortunatamente, non hanno avuto mai l’epilogo della vicenda di Niccolò Ciatti. Per questo voglio dirvi una cosa che non è né bella, né piacevole, né confortante: quasi nessuna rissa è mai stata fermata dalle persone intorno. Lo so, vi capisco; vedere gli altri che si limitano a guardare di fronte a una scena del genere ci provoca un senso di disgusto. Ma quanti di quelli che scrivono «che vergogna i ragazzi che sono stati intorno senza far niente» si sono mai trovati davanti a una rissa? E quanti di loro sono intervenuti per sedarla? E quanti domani interverrebbero? Certo, sono convinto che dietro al computer tutti risponderebbero senza il minimo dubbio che non avrebbero problemi a farlo, ma lo scrivono dietro una tastiera. La verità è che ho sempre visto risse formare il vuoto fra loro e la gente intorno, ma non ho mai visto nessuno della persone vicine intervenire, se non amici e conoscenti (a meno che le persone vicine non siano degli esperti di arti marziali o di lotta libera). E il motivo è molto semplice: una rissa in discoteca può durare al massimo 30/40 secondi (non minuti, secondi!), e spesso anche meno. Contate il tempo: 10/15 secondi ci vogliono per capire cosa sta succedendo (se vi trovate vicino, altrimenti ce ne vogliono di più). Vi restano all’incirca 15/20 secondi. Nel tempo che vi avanza, voi, che non avete nessuna conoscenza di lotta, dovete decidere come affrontare tre esperti paramilitari. Dato che non avete le capacità per intervenire da soli contro tre, l’unico modo per essere efficaci è quello di puntare sulla quantità, cioè essere almeno il doppio di loro. Nei pochi secondi che vi avanza quindi, dovete cercare almeno cinque persone disposte a intervenire e farlo contemporaneamente, perché se lo fate uno per volta rischiate solo di peggiorare la situazione. È brutto da dirsi? Sono d’accordo, è davvero orribile; ma il fatto che sia orribile non cambia la realtà. Ma allora cosa si può fare in situazioni del genere? A mio avviso una grossa corresponsabilità in questa vicenda ce l’ha il locale e il numero di addetti alla sicurezza. Sono loro i deputati all’incolumità della gente all’interno (e spesso sono anche persone con esperienza negli scontri corpo a corpo). Nel locale c’erano 9 buttafuori per 2000 persone, uno ogni 220 persone, quando alcuni protocolli sulla sicurezza dicono addirittura che ci vorrebbero 2 buttafuori ogni 100. Se i buttafuori fossero davvero stati 20, molto probabilmente qualcuno di loro sarebbe potuto intervenire perché, e questa è davvero la cosa sconvolgente, non è ammissibile che in un locale scoppi una rissa e che per 30 secondi nessuna persona della sicurezza intervenga. È il loro lavoro, sono pagati per fare questo. Ma allora dove erano i buttafuori in quella discoteca? Perché ci hanno messo così tanto ad arrivare? Possibile che neanche un buttafuori abbia visto la scena? Sono queste le domande che dobbiamo porci: non come mai il pubblico non sia intervenuto, ma perché chi era deputato a farlo non l’ha fatto. Perché sappiatelo: se nella prossima rissa in discoteca nessuno si farà male non sarà grazie alle persone nel locale, ma sarà grazie agli addetti alla sicurezza che saranno intervenuti prima di quanto non abbiano fatto con Niccolò Ciatti.
Quella qui pubblicata non è una lettera al giornale: è una riflessione che il ventiquattrenne Simone Londi ha diffuso alla stampa nella sua veste di Assessore alle politiche giovanili del Comune di Montelupo Fiorentino. La pubblichiamo in ampi stralci perché fornisce alcuni spunti interessanti, anche controcorrente, dopo il dramma che si è consumato in una discoteca di Lloret de Mar, in Spagna, con l’uccisione del ventiduenne toscano Niccolò Ciatti. Il racconto fotografa una realtà, quella delle discoteche, il cui fenomeno è ben più complesso di quanto si possa pensare. Lo spiega bene il sociologo Marco Bontempi al quale abbiamo chiesto una riflessione in proposito e alla quale rimandiamo. Ma il racconto di Londi descrive anche quell’atteggiamento che sicuramente è comune a molti di noi e che a parole si reputa vigliacco.
I genitori di Niccolò, ai quali va tutta la nostra vicinanza (così come alla comunità di appartenenza: la parrocchia di Gesù Buon Pastore a Casellina), si lamentano che nessuno è intervenuto in difesa del figlio. Il torto che hanno subito e il dolore che devono e dovranno sopportare sono immensi e pertanto hanno diritto a lamentarsi. Ma a parte loro, non è facile comprendere quanti hanno invocato atteggiamenti eroici che loro stessi non avrebbero avuto. Soprattutto nel caso specifico quando ci si trova di fronte a tre energumeni, picchiatori addestrati e pronti a tutto. Dobbiamo semmai interrogarci su chi, oltre a non avere il comprensibile coraggio di intervenire, si mette incomprensibilmente a riprendere la scena con il proprio cellulare.
Ma soprattutto ci dobbiamo interrogare sul perché in tanti covano dentro una carica di violenza che può portare a uccidere per una spinta in discoteca o la mancata precedenza a un incrocio.
Andrea Fagioli