Quel trinomio di Papa Francesco: terra, casa e lavoro

In occasione del terzo Incontro mondiale dei Movimenti popolari tenutosi a Roma nei giorni scorsi, Papa Francesco ha ribadito l’essenza di un messaggio di liberazione basato sui termini-concetto di Trabajo, Techo, Tierra (Lavoro, Casa e Terra). Questo trinomio non riguarda in maniera esclusiva i Paesi Latino-americani o tutti quelli oramai etichettati come in via di sviluppo. Sessantacinque Paesi hanno trovato accoglienza e rappresentanza in Vaticano, e ciò a significare la globalizzazione dell’inegualianza sociale che addirittura all’interno dei Paesi occidentali trova oggi maggiore diffusione.

I nuovi Obiettivi dello sviluppo sostenbile delle Nazioni Unite sanciti l’anno scorso hanno avuto come novità proprio la loro universalità, superando la distizione tra Paesi ricchi e Paesi poveri, ormai caduta in disuso. Anche l’Italia, di cui l’indice statistico di Gini segna disugualianza economica nella società e tra le generazioni e dove ci sono circa 4 milioni persone in stato di povertà assoluta, non può non sentirsi chiamata dall’appello del Pontefice che, nel discorso finale del 5 novembre scorso, ha sottolineato come nel rapporto tra popolo e democrazia, il «divario tra i popoli e le nostre attuali forme di democrazia si allarga sempre più come conseguenza dell’enorme potere dei gruppi economici e mediatici che sembrano dominarle». Il fatto che i movimenti popolari, le aggregazioni spontanee, le associazioni di cittadini, i cosidetti corpi intermedi della società, che per strategia politica sono stati via via in questi anni disintegrati, non siano assimilabili a partiti politici, ciò non vuol dire che non siano espressione importante di una «forma diversa, dinamica e vitale di partecipazione sociale alla vita pubblica».

Il Papa si raccomanda di non avere paura ad «entrare nelle grandi discussioni, nella Politica con la maiuscola». È un messaggio, questo, valido anche per le nostre periferie, dove l’istanza popolare viene tacciata come minimo di populismo. Non possiamo negare, nell’Italia di oggi, il bisogno di casa e lavoro, e anche di terra, quando questa diviene risorsa rara a causa di cementifcazione e degrado del territorio. La sostituzione delle organizzazioni sociali popolari con le élites economiche accentua disegualianze e scompone la società. Il Papa, in occasione di questi eventi, scherzando, si smarca sempre dall’accusa di comunismo; sarebbe un errore anacronistico rivolgere questa accusa alla Dottrina sociale della Chiesa di cui il messaggio di Papa Francesco è parte integrante.

A Firenze, ad esempio, grazie alle iniziative di Giannozzo Pucci, di cui all’intervista su «Toscana Oggi» del 18 settembre scorso, le istanze dei poveri e della Salvaguardia del Creato, la difesa della diversità biologica e culturale hanno trovato accoglienza e divulgazione scientifica ormai da anni. Vandana Shiva, ancora ad esempio, è stata più volte inviatata dal Papa, anche in occasione di questo ultimo evento mondiale. Ci auguriamo che i messaggi trasmessi in occasione di questi incontri siano percepiti come problemi cruciali anche in casa nostra. Questo è il mglior contributo che la globalizzazione può portarci.

Lorenzo Orioli

Ti ringrazio, caro Lorenzo, per l’opportunità che ci dai di tornare su uno dei discorsi più belli e forti di Papa Francesco. L’occasione, lo hai ricordato, è stata quella del terzo Incontro mondiale dei movimenti popolari (nel caso specifico erano migliaia arrivati in Vaticano da sessanta Paesi). Si tratta di una serie di organizzazioni che vanno dai piccoli agricoltori, mezzadri, braccianti agli abitanti delle baraccopoli, a coloro che vivono per strada, ai venditori ambulanti, alle badanti…. A loro il Papa ha parlato di «sete di giustizia» al «grido: terra, casa e lavoro per tutti».

Il testo integrale è pubblicato anche sul nostro sito (discorso integrale). Qui vorrei richiamare alcuni punti dell’articolato discorso, a partire dall’invocazione a «spostare il primato del denaro e mettere nuovamente al centro l’essere umano». Perché il denaro, tra l’altro, governa «con la frusta della paura, della disuguaglianza, della violenza economica, sociale, culturale e militare che genera sempre più violenza in una spirale discendente che sembra non finire mai». La Dottrina sociale della Chiesa «si ribella contro l’idolo denaro che regna invece di servire, tiranneggia e terrorizza l’umanità». Ma «tutti i muri cadono», anche quelli «dell’esclusione e dello sfruttamento». Noi, dice il Papa, abbiamo bisogno di uno sviluppo umano, integrale, rispettoso del Creato e della casa comune. Purtroppo, però, quando avviene la «bancarotta dell’umanità» pochi intervengono per salvarla a differenza di quello che succede per le banche per quali spuntano «somme scandalose».

Un altro «problema del mondo» sono le migrazioni. «Nessuno – dice il Papa – dovrebbe vedersi costretto a fuggire dalla propria patria. Ma il male è doppio quando, davanti a quelle terribili circostanze, il migrante si vede gettato nelle grinfie dei trafficanti di persone per attraversare le frontiere, ed è triplo se arrivando nella terra in cui si pensava di trovare un futuro migliore, si viene disprezzati, sfruttati, addirittura schiavizzati. O semplicemente non si lasciano entrare». In tutto questo, «il miglior rimedio è l’amore»: «l’amore guarisce tutto».

Andrea Fagioli