Quel giuramento improprio sul Vangelo e sul Rosario
Caro direttore, di nuovo strumentalizzazioni politico-religiose da parte di Matteo Salvini dopo quelle di propaganda leghista, apparse qualche tempo fa sulla stampa, con foto di pareti scolastiche senza e con il crocifisso appeso, attribuito rispettivamente alle scuole nei comuni di centrosinistra, nel primo caso e di destra nel secondo.
Questa volta il leader della Lega, in un comizio a Milano, giura sulla Costituzione e sul Vangelo, per accaparrarsi il voto dei cattolici nelle prossime elezioni politiche. Un comportamento, in ambito politico, inusuale, improprio, asservito al proprio scopo: sembra quasi proporsi come garante dei principi costituzionali ed evangelici, mentre confonde e mistifica, invece, la «laicità» delle istituzioni, ovvero la distinzione tra la sfera politica e quella religiosa. Anzi il suo pensiero ed il suo programma leghista – inserito nella coalizione di «destra» – sono proprio contrapposti, in alcuni punti, ai fondamentali dei due «sacri» testi, riguardo alla vita sociale, alla solidarietà, al rispetto dei diritti primari della persona, anche se «diversa».
Non è così, credo, nel Partito democratico, in cui esiste, fra i militanti ed elettori, la consapevolezza che le istanze della «fede» non sono riconducibili in una precisa collocazione politica. Come ha detto di recente il segretario Pd, Matteo Renzi, pur in presenza di alcune questioni di discussione, relative alle unioni civili e e al testamento biologico – lasciati alla libertà di coscienza – nel Pd si trovano rispecchiati i principi, i valori, gli obiettivi, gli impegni l’azione di una vita politica rivolta al servizio complessivo (integrale) della persona, nel rispetto delle esigenze materiali e spirituali, con particolare riguardo a chi si trova in condizioni di difficoltà, sofferenza, discriminazione. Un’adesione, quella dei cattolici, non ideologica ma sempre critica e costruttiva verso un partito ed il suo progetto per realizzare riforme e forme «più attente al bene comune».
Premetto che non mi permetterei mai di giudicare la fede del leader della Lega, Matteo Salvini, e quindi se crede o meno nel Vangelo e in quel simbolo mariano così caro ai credenti che è il Rosario. Di certo, però, li ha usati in modo totalmente improprio come strumento di propaganda. Laconico, ma significativo il commento in proposito dell’arcivescovo di Milano, Mario Delpini: «Nei comizi si parli di politica». Che i politici, insomma, facciano il loro mestiere, si impegnino per il bene comune con proposte serie e sostenibili. Evitino sceneggiate simili o proclami da libro dei sogni. Per di più proprio nel Vangelo si dice di non giurare su nulla. Quanto al resto del suo ragionamento, caro Canzani, non entro nel merito delle sue valutazioni circa il Partito democratico. Possono essere condivisibili o meno. Lascio ai lettori il giudicarle. Semmai avrei qualche dubbio su quel «lasciati alla libertà di coscienza» circa il voto sulle unioni civili e il testamento biologico. Nel senso che è vero che il Pd ha lasciato libertà di voto ai propri parlamentari (a parte che sulla «Cirinnà» è stata posta la fiducia), ma è anche vero che la dirigenza del partito su quelle due leggi si è spesa molto e ancora le rivendica come grandi conquiste sul piano dei diritti civili. Personalmente, su quelle due leggi mantengo tutti i dubbi e la riserve che anche questo giornale manifestò a suo tempo.
Andrea Fagioli