Preghiera per la pioggia e campagna laicista
Caro direttore, ho letto in data 4 aprile scorso sul quotidiano «La Repubblica», nella Rubrica di Corrado Augias, la lettera di un signore, non sappiamo chi perché non è stato riportato nome e cognome, che dice di appartenere alla Chiesa di Firenze e che si dichiara addirittura «basito» di quanto il Cardinale Betori ha fatto. Viene subito da pensare: cosa avrà mai fatto di così grave il nostro Cardinale? Ha chiesto, pensate un po’, di pregare, sì avete capito bene, di pregare per il problema della siccità, cioè ha fatto la cosa più naturale che non solo un Cardinale o un religioso può fare di fronte ad un problema grave come questo, ma che a mio avviso dovrebbe fare anche ogni laico cristiano. Di fronte ad un problema, ad una difficoltà grande o piccola che sia si chiede aiuto al Signore, è sempre stato così fino dalle origini del Cristianesimo. O oramai siamo troppo smaliziati, troppo evoluti per pensare che il Signore possa agire nella nostra vita di ogni giorno?
Quando ero ragazzo abitavo a Capalle, un paese dell’interland fiorentino oggi interamente urbanizzato ed industrializzato ma negli anni Sessanta ancora a forte vocazione agricola, ebbene a Capalle si facevano le rogazioni; in primavera i fedeli insieme al parroco uscivano in processione in mezzo ai campi per pregare ed invocare la protezione del Signore sui raccolti, per scongiurare la grandine, la siccità (appunto), l’attacco dalle cavallette e dagli insetti, ecc. Era questo un gesto di superstizione? No, era un gesto di profonda fede, ci si metteva sotto la protezione di Dio, si dichiarava la nostra totale fiducia in Lui; poi durante qualche anno la grandine veniva ugualmente, ma questo non toglieva nulla alla nobiltà di quelle preghiere.
I Santi hanno sempre creduto e credono nella forza potente della preghiera, oggi, nel concreto, della vita di ogni giorno, e fra i Santi ci ha creduto Giorgio La Pira che tutte le volte che doveva prendere una decisione importante, anche di carattere amministrativo quando era sindaco di Firenze, scriveva alle Suore di clausura affinché pregassero. Probabilmente anche qualche consigliere comunale di allora sarà rimasto «basito» chiedendosi: ma che ci incastrano le Monache di clausura con l’amministrazione di un Comune? Ma poi abbiamo ben capito quale e quanto valore abbiano avuto quelle preghiere perché l’esperienza politica di La Pira è stata una delle esperienze più alte e più incisive non solo a livello fiorentino, ma direi a livello nazionale ed internazionale. «Chi prega ha il timone della storia» diceva San Giovanni Crisostomo, l’ho sempre creduto anch’io e continuerò a crederlo anche a costo di apparire agli occhi di qualche «evoluto» un po’ retrogrado o un po’ sempliciotto.
Ti ringrazio, carissimo Saverio, perché mi dai l’opportunità di intervenire su un argomento che sto in qualche modo «monitorando» da tempo: le lettere e le risposte di Augias su «Repubblica». Gran parte delle missive pubblicate riguardano la Chiesa, la religione, persino la teologia. C’è pertanto da chiedersi quante lettere davvero arriveranno a «Repubblica» su certi temi? Senz’altro molte, perché il giornale è molto letto (anche dai cattolici, preti compresi), ma sicuramente in percentuale saranno molte meno di quelle sugli altri temi. Ma Augias sceglie quelle: un motivo ci dovrà pur essere? Tu, Saverio, citi la risposta del 4 aprile in cui il giornalista sbeffeggia Betori in modo grossolano (così facendo attribuirebbe a Dio «il male certo della siccità» e attraverserebbe «in modo pericoloso il confine tra fede e superstizione»), ma appena due giorni dopo, il 6 aprile, se la prende direttamente con il Vaticano per il caso Orlandi. Se poi andiamo a ritroso l’elenco diventa lungo. Qualche tempo fa, ad esempio, rispondeva a «Dove la teologia non genera poteri forti» per dire, alla fine, che proprio in Italia la Chiesa esercita «di fatto un forte potere» invocando i «valori non negoziabili». Il problema è che Augias quei valori li vuole scalzare: la sua è una vera e propria campagna laicista, in pillole quotidiane, contro la Chiesa cattolica.
Andrea Fagioli