Poteri istituzionali e disprezzo della politica
Dopo quanto avvenuto nel Consiglio della Regione Lazio, c’è da chiedersi come si possa occupare un luogo e presiedere un organismo istituzionale, occultando coscienza, moralità, vergogna, disistima e disprezzo della opinione pubblica, calpestando e oltraggiando un mandato elettorale , piegato ai propri voleri, interessi, privilegi, vantaggi personali o clientelari, impedendo la realizzazione del bene comune dei cittadini.
Neanche le dimissioni (che sono state invece scongiurate come se niente fosse successo) riuscirebbero a rigenerare un sistema scandaloso di utilizzo e di spreco di soldi pubblici, se non si provvederà – da parte delle forze politiche – ad una profonda revisione della loro presenza e rappresentanza nelle istituzioni pubbliche. Quest’ultime ormai considerate più simili a luoghi di potere e arricchimento personale anziché «sorgente» di sviluppo e di crescita civile e sociale, di sostegno a chi intraprende, di fiducia a chi lavora, di risposte a domande e attese comunitarie sempre più emergenti, specie in ambito giovanile.
L’«amore» e l’impegno per la politica non nasce solo su valori, principi, fondamenti «di un disporsi» al bene sociale e morale, ma trae orientamento anche dalle testimonianze di chi è demandato a ricoprire ruoli di responsabilità e di potere attraverso l’esercizio premuroso di servizio verso la comunità territoriale e nazionale, per rendere accessibili beni e diritti materiali, culturali, sociali, spirituali.
Chi si rende complice degli scandali sopraddetti, determina colpevolmente una crescente sfiducia fra la gente nei confronti delle istituzioni e contemporaneamente alimenta una progressiva sfiducia della politica e dei suoi rappresentanti (ormai a livelli di allarme) mettendo a rischio il sistema democratico.
Alle ruberie, ai favoritismi, agli sprechi della politica ci stiamo purtroppo abituando. Ma quello che sta venendo a galla alla Regione Lazio e che ha portato alle dimissioni del governatore Renata Polverini, supera ogni immaginazione. Le foto della festa in costume organizzata dal consigliere regionale del Pdl, Carlo De Romanis («Ulisse torna a casa e sfida i nemici»), per celebrare la sua elezione, andrebbero appese come gigantografie nei seggi elettorali. Qui siamo oltre le logiche affaristiche che da sempre costituiscono la patologia dei sistemi politici. Siamo al basso impero. A Caligola e alla leggenda del suo cavallo Incitatus nominato senatore. Come ha scritto Aldo Grasso sul Corriere della sera, «c’è stato un tempo in cui il ridicolo disonorava più del disonore. Purtroppo il ridicolo è stato anestetizzato dall’abitudine, dal menefreghismo, dalla strafottenza». E questo ci deve preoccupare più di ogni altra cosa, perché ci coinvolge tutti. Chiunque abbia a cuore le sorti della democrazia non può che dispiacersi di quanto sta emergendo, anche se riguarda i propri avversari politici. Perché il discredito colpisce tutti e crea sfiducia.
Cosa fare allora? Oltre a scegliere meglio chi ci rappresenta (se ce ne daranno la possibilità, ovviamente, visto che ancora non si accordano per cambiare le leggi elettorali) potremmo iniziare a far qualcosa per porre un freno agli sprechi più evidenti. Per ridurre la spesa pubblica il Parlamento ha introdotto i «costi standard» in sostituzione della «spesa storica». In pratica i trasferimenti dallo Stato alle pubbliche amministrazioni non tengono più conto di quanto si è speso negli anni precedenti per quel determinato servizio, ma di quanto sarebbe necessario spendere se i costi fossero quelli medi. Perché non adottare un criterio analogo alla politica? Com’è possibile che il Consiglio regionale della Valle d’Aosta costi a ciascun abitante 124,74 euro, quando quello della Lombardia (dove peraltro hanno tutto ciò che serve e sicuramente molto di più) costa ad un lombardo solo 7,7 euro? Credo che si potrebbe prendere questo parametro – che è il più basso, ma anche la Toscana è poco sopra –, ridurlo di un buon 30% – perché i sacrifici, devono esser fatti da tutti, in primis da chi ci governa – e applicarlo a tutti i Consigli regionali. Se la vedano loro poi dove tagliare i costi. Stesso discorso per i Consigli comunali (dove comunque le cifre in ballo sono nettamente inferiori) e per tutti gli altri organismi di rappresentanza politica. Non risolveremmo il problema della moralità degli eletti, ma toglieremmo loro qualche tentazione in più.
Claudio Turrini