Polemiche che non fanno bene a Firenze
La nota omelia dell’arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, in occasione della Festa di San Giovanni (leggi), sulle emergenze e le criticità esistenti a Firenze e che chiamano in causa responsabilità diverse e pubbliche, ha suscitato discussioni e interpretazioni di carattere morale, sociale e politico, a seguito dei vari interventi che ne sono scaturiti. Il Vescovo, in quanto guida spirituale dei credenti e autorità di riferimento per la comunità sociale, ha richiamato – dal suo punto di vista e percezione – attenzione, riflessione e discernimento sulle «piaghe» più evidenti della città (notevole presenza dei senza fissa dimora, bisogni alimentari, condizioni infraumane delle carceri), sui «vizi perniciosi» (gioco d’azzardo, uso di stupefacenti) e sui «segnali preoccupanti (trasgressioni) riguardo al vivere civile che incidono sulla identità della città».
Firenze è chiamata invece a «farsi testimone di ricostruzione nel mondo» per guardare al futuro con fiducia e speranza. Rispetto a queste denunce e sollecitazioni è comprensibile la risposta del sindaco (un cattolico al governo di Palazzo Vecchio) in difesa non tanto e solo del suo operato – come principale responsabile politico e amministrativo della città – quanto della cultura e della tradizione di una comunità aperta all’accoglienza, alla solidarietà, all’integrazione, alla tutela e promozione dei diritti. Firenze per quello che sappiamo, risulta tra le città con la spesa sociale pro capite fra le più alte a livello nazionale, anche se non bastante a coprire gli oneri per i crescenti e diffusi bisogni.
Ma resta una città in cui si riflettono principi, sentimenti, ideali, storie, testimonianze colme di valori e di «bene». Ne fa fede anche la consegna del «Fiorino d’oro» assegnato, proprio lo stesso giorno della festa del santo patrono, a don Corso Guicciardini in riconoscenza della missione svolta dall’Opera Madonnina del Grappa che agisce in realtà dove più acute sono le emergenze e le necessità dei più poveri, dei bisognosi ed emarginati. Riguardo all’urgenza e alla complessità dei problemi che impediscono ad una parte delle persone di accedere ai beni necessari di tipo materiale, culturale e sociale, per condurre una esistenza veramente umana, è auspicabile che le indicazioni espresse nell’omelia possano intrecciarsi con le politiche sociali istituzionali. Il fine è quello di individuare e trovare ragionevoli e fattibili soluzioni ai problemi che a volte sembrano insuperabili. Si tratta di far convergere, in punti di condivisione e collaborazione, interventi pubblici e iniziative dei gruppi sociali per rimuovere situazioni di indigenza con l’impegno, inoltre, di reperire risorse umane e finanziarie per far fronte alla dimensione delle nuove vecchie povertà, all’insidia della droga, alle varie forme di emarginazione secondo rinnovate finalità etiche.
Ringrazio l’amico Canzani per questa lettera che cerca di guardare oltre una polemica che non aveva motivo di svilupparsi per il semplice fatto che le parole di un vescovo nell’omelia del santo patrono non potranno mai essere un attacco politico a chicchessia. Sarebbe riduttivo per chi le pronunciasse con quell’intento, ma lo è anche per chi pensa che ciò sia possibile. Per quanto mi riguarda non ho dubbi che al cardinale Giuseppe Betori prema solo il bene di Firenze (e non è una difesa d’ufficio come qualcuno potrebbe pensare, anche perché Betori non ha certo bisogno di un «avvocato» come il sottoscritto). Lo si capisce da soli leggendo con un minimo d’attenzione l’omelia di San Giovanni che alle famigerate questioni del primato della città nel consumo della cocaina e del gioco d’azzardo dedica quattro righe. Al tempo stesso non ho dubbi nemmeno sul fatto che il bene di Firenze prema (non potrebbe essere diversamente) al sindaco della città (e anche Matteo Renzi, ovviamente, non ha bisogno della mia difesa da chi lo accusa di essere distratto dalla politica nazionale). Ma se dunque il bene della città sta a cuore al Sindaco come all’Arcivescovo, come a tutti i fiorentini e ai toscani di buon senso, perché continuare, soprattutto da parte di Renzi, ad alimentare questa polemica? A mio modesto parere non giova a nessuno, men che meno al bene della città che, riprendendo le parole della lettera, avrebbe soprattutto bisogno «di condivisione e di collaborazione».
Andrea Fagioli