Poca attenzione all’iniziativa «Difendiamo i nostri figli»

Caro direttore, sabato scorso ero, con la mia famglia, tra i tanti che hanno partecipato alla manifestazione a Roma in San Giovanni in Laterano. È stata una giornata impegnativa, con due bambini piccoli, la pioggia e il viaggio a nostre spese. Però ne valeva la pena. Sono contento di aver dato un segnale forte a chi vuole a tutti i costi fare confusione su cosa sia una famiglia, su cosa siano un uomo e una donna. Quello che non capisco è perché questa iniziativa non sia stata sostenuta abbastanza da preti e vescovi e da un giornale come il suo. Eppure nel disegno di legge sulle unioni civili c’è il pericolo reale che oltre a equiparare le unioni civili al matrimonio si arrivi ad aprire al matrimonio omosessuale, E questo mette in pericolo la famiglia, che è una sola, perché un bambino ha bisogno di un babbo e di una mamma.

Questo non vuol dire che non debbano essere riconosciuti diritti alle persone omossessuali, ma il riconoscerli non deve essere preso come un pretesto per chiedere l’equiparazione delle unioni civili al modello della famiglia naturale di cui parla la nostra Costituzione. Qualcuno pensa che siamo bigotti, i soliti cattolici reazionari, senza sapere che in Piazza San Giovanni c’erano anche musulmani, ebrei e non credenti. Tutti preoccupati per l’educazione dei nostri figli e per quanto sta accadendo nelle scuole con la diffusione dell’ideologia gender.

Roberto Michelini

Caro Michelini, condivido quello che lei dice a proposito della famiglia e del rischio che corre attraverso certe equiparazioni. I bambini, fin dalla nascita, hanno bisogno della presenza delle due figure genitoriali, del babbo e della mamma. È la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio che si assume l’onere della procreazione garantendo la soprovvivenza della società. Per questo non si possono trattare allo stesso modo situazioni completamente diverse.

Non condivido, invece, la sottolineatura sul fatto che la manifestazione «Difendiamo i nostri figli» non sarebbe stata adeguatamente sostenuta da vescovi, preti e giornali cattolici. Non è per difendere l’operato di «Toscana Oggi» che cito il numero del 14 giugno dove davamo conto della conferenza stampa di Massimo Gandolfini, portavoce del comitato promotore. Lo faccio per dire che lo stesso Gandolfini riferiva di qualcuno che avrebbe cercato di mettere il cappello ad un’iniziativa che nasceva dal basso. Ed è bene che sia rimasta tale: autonoma e promossa (finalmente) da laici, anche per evitare strumentalizzazioni. Male ha dunque fatto Kiko Argüello, iniziatore del Cammino Neocatecumenale, tentando di metterci addirittura lo zucchetto del Papa in contrapposizione alla Conferenza episcopale italiana, tanto che il direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei, don Ivan Maffeis, ha parlato di «caduta di stile gratuita e grave», spiegando che contrapporre il Papa alla Cei «è strumentale e non veritiero».

Tornando, infine, a «Toscana Oggi» devo dire che la manifestazione è stata seguita di fatto in diretta sul nostro sito internet (leggi qui), mentre sul giornale cartaceo proprio nel numero scorso nell’editoriale parlavamo appunto di gay e gender come di «un dibattito che attraversa il mondo cattolico», nel senso che al momento non ci sono posizioni univoche, o meglio: nessuno mette in discussione la fedeltà alla dottrina della Chiesa da una parte e alla misericordia dall’altra, però possono essere diverse le strategie. In questo senso per alcuni la manifestazione di Piazza San Giovanni in Laterano poteva non essere opportuna in un momento politico così complesso e con una legge che sicuramente non sarà evitata. Ma anche questi sono punti di vista (legittimi peraltro). L’importante è che nessuno metta in discussione la famiglia di cui si diceva. E questo, in ambito cattolico (a parte qualche eccezione), nessuno lo fa.

Andrea Fagioli