Perplessità sul «Festival delle religioni» e sul Dalai Lama

Egregio direttore, premetto che ho meditato a lungo prima di decidermi ad esprimerle le mie perplessità derivanti dall’aver ricevuto in allegato con l’ultimo numero di «Toscana Oggi» il pieghevole illustrativo del «Festival delle religioni 2017». Cerco qui ed ora di riassumerle, queste perplessità, esprimendole in forma interrogativa:

1) «Toscana Oggi» intende appoggiare e sostenere, e come, una siffatta manifestazione?

2) Quanto ha ricavato il settimanale da Lei diretto per farsi veicolo pubblicitario di una tale manifestazione?

3) Quanti soldi pubblici (da Comune, Regione e altri enti pubblici) sono pervenuti, e come, agli organizzatori?

4) Che cosa ne pensa del fatto che la partecipazione dei comuni mortali agli «eventi» in programma per la giornata inaugurale ha un costo di 10 euro?

5) Si può ridurre la religione ad una merce anche se ammantata di cultura?

6) Nel dilagare dei «festival» culturalchic, tipico degli ultimi anni, sentivamo veramente la mancanza di quello «delle religioni»?

7) La partecipazione di alcuni dei soliti «noti» non provoca anche in Lei una spiacevole sensazione di nausea e sgradevolezza?

8) Che cosa pensare, poi, della partecipazione di alcuni politici alla ricerca perpetua di visibilità e di auto-celebrazione?

9) Si può qualificare il XIV Dalai Lama «Sua Santità» senza correre il rischio di apparire almeno ridicoli?

10) È riuscito a leggere la presentazione del festival a firma di Francesca Campana Comparini senza avvertire una spiacevole sensazione di «smarrimento»?

La ringrazio dell’attenzione da lei prestata a queste mie domande (spero non impertinenti…) e delle risposte che vorrà darmi.

Antonio F. GimiglianoPisa

La sua, caro Gimigliano, non è la sola rimostranza arrivata sull’argomento. Segno che questa iniziativa del «Festival delle religioni» ha urtato la sensibilità di alcuni cattolici. Mi scuso, però, se non potrò rispondere a tutti i suoi quesiti che hanno, a mio parere, anche un tono un po’ inquisitorio. Soprattutto mi spiace che si pensi che «Toscana Oggi» faccia le cose per soldi. Lungi da noi anche solo il pensiero. Diversamente non saremmo qui. Se accettiamo della pubblicità (e il depliant in questione era tale) lo facciamo per alleggerire un bilancio non certo esaltante, comune comunque (purtroppo) a quello di tanti altri giornali in questo periodo di forte difficoltà per tutta la carta stampata. Certamente se i cattolici ci sostenessero di più non avremmo bisogno di ricorrere alla pubblicità. Ma questo è un altro discorso. Per il resto noi non appoggiamo e non sosteniamo nessuno se non la Chiesa cattolica e nel nostro specifico le Chiese locali che sono in Toscana.

Nel merito del «Festival delle religioni» si possono anche avere lecite perplessità. Ciò non toglie che l’iniziativa rappresenti un’occasione di dialogo attraverso una serie di incontri dove si confrontano credenti e non credenti. Il mondo cattolico, tra l’altro, anche nel programma di quest’anno è ben rappresentato: oltre che da alcuni laici, anche da religiosi come Enzo Bianchi, padre Bernardo Gianni, don Alfredo Jacopozzi e Padre Guidalberto Bormolini. Quanto ai politici, scorrendo l’elenco degli incontri, non vedo che presenze istituzionali: il sindaco di Firenze, il presidente della Regione, il ministro dell’Interno…

È vero che alcuni dei «soliti noti», come li chiama lei, ci sono (e serviranno pure da richiamo). Ma ci sono anche presenze non proprio consuetudinarie che spero possano proporre riflessioni interessanti. Penso ad esempio al medico di Lampedusa, ma non solo a lui.

In quanto all’appellativo di «Sua Santità» per il Dalai Lama si tratta di un titolo convenzionale all’interno del buddismo tibetano, che a noi cattolici può sembrare inopportuno trattandosi oltretutto di un leader politico e spirituale e non di un vero capo religioso. Anche a me quel titolo non piace. Con «Santità» o «Santo Padre» mi rivolgo al Papa. Ma qui il titolo viene ripreso soltanto in segno di rispetto per come i seguaci chiamano il Dalai Lama. In questo senso anche a noi cattolici non piacerebbe che in un Paese ateo o di altra religione si rivolgessero al Papa con l’appellativo, ad esempio, di «Signor Bergoglio» anziché «Santità». Nessuno presumo intende beatificare il Dalai Lama, ma non si può nemmeno negare che sia una personalità a livello mondiale e che rappresenti la storia di un popolo. Non è un caso che in più occasioni sia stato ricevuto dai Papi stessi.

Andrea Fagioli