Non c’è pace senza pieni poteri all’Onu
Il momento presente ci invita a rileggere anche i molteplici documenti della Chiesa sul tema della pace: i messaggi di capodanno a partire dal 1968; i decreti e le encicliche, come «Lo sviluppo dei popoli» di Paolo VI e la «Veritatis Splendor» di Giovanni Paolo II; le note pastorali della Cei, come «Educare alla pace» ecc.
Soprattutto è particolarmente attuale la «Pacem in terris» dell’11 aprile 1963 di Giovanni XXIII, dove, tra l’altro, si afferma che il bene comune universale pone ora problemi a dimensioni mondiale che possono essere risolti solo da Poteri pubblici in grado di operare in modo efficiente sul piano mondiale (par. 71) pur nel rispetto delle singole Comunità politiche (par. 74).
Sono totalmente d’accordo: in un mondo sempre più «globalizzato» (nel senso positivo del termine, cioè sempre più interdipendente) è indispensabile che vi sia un’autorità a livello planetario, riconosciuta da tutti e in grado di derimere le controversie, far rispettare i diritti umani, prevenire i conflitti. Un’autorità del genere esisterebbe già, ed è appunto l’Onu. Purtroppo senza radicali riforme non è in grado di funzionare appieno. Né mi sembra che le grandi potenze, a partire dagli Stati Uniti, abbiano tanta voglia di cedere lo scettro del controllo sul mondo.