Noi stiamo con Papa Francesco, in ogni caso

È impressionante come la mitezza di Papa Francesco si sia mutata in una reprimenda feroce verso coloro che, nell’ambito della Curia, avrebbero un po’ smarrito la loro missione originale. Fa parte del «gioco» che il male rosicchi il bene (ma mai prevarrà!) se non si coltiva minuto per minuto l’annuncio della Buona Novella a tutti costantemente e senza stancarsi e senza farsi contagiare dal mondo. Quindi la reprimenda del Santo Padre è stata un atto di profonda carità verso i «cardini» della Chiesa Romana.

Il Vescovo di Roma, che come tale è il Vescovo di tutta l’umanità, ha precisato quello che doveva essere precisato ridefinendo i confini fra il bene ed il male ed ha fatto bene a farlo pubblicamente predicando «dai tetti». Ma questa reprimenda non è rivolta solo alla Curia, bensì ad ognuno di noi affinché riorganizziamo l’annuncio purificandolo dai fronzoli del mondo che si sono attaccati strada facendo.È il relativismo il veleno contro l’ortodossia della dottrina e della morale, cioè aggiustare il tiro delle «regole» adattandole alle mondanità che arrivano ed alle esigenze mondane di ciascuno di noi. Bisogna ricominciare da capo nella scelta dei «rappresenti» la Chiesa agli occhi della gente. Se sbagliano i maestri, è la fine. Bisogna quindi ripensare anche come riorganizzare il clima dei seminari tornando a distinguere nettamente il male dal bene rinfrescando l’ortodossia delle «regole» senza svolazzi.

Insomma bisogna ritornare all’ortodossia anche, in chiave moderna, ma mai infettata dallo spirito del mondo che è l’opposto dell’Annuncio della Buona Novella ai poveri.

Giancarlo Politi

Caro Politi, le confesso che la definizione «reprimenda feroce» non mi piace. Ammetto però la forza delle parole del Papa e del suo «catologo delle malattie» che possono affliggere le curie. A mio giudizio, però, Francesco si è limitato a dire le cose come stanno. Niente di più. È una delle bellezze di questo Papa: dire le cose come stanno.

Mi sembra assurdo, perciò, che qualcuno, che poi non è proprio un signor nessuno (Vittorio Messori), possa esprimere, dicendo e non dicendo, i suoi dubbi su Papa Francesco, alla vigilia di Natale, sul principale quotidiano italiano, attribuendoli a un presunto «cattolico medio».

Ho detto che mi sembra assurdo, sperando che non ci sia in tutto questo la logica ben precisa di un attacco a un Papa che sta dando troppa noia a chi lo vorrebbe «prevedibile» per dormire sonni tranquilli.In realtà, Francesco, il sonno ce lo ha tolto e continua a togliercelo mettendoci continuamente di fronte alla nostra coscienza. In questo senso è davvero un Papa scomodo, ma noi siamo con lui, in ogni caso. Non certo per essere più realisti del re o più papalini del Papa, ma perché siamo convinti della bontà dell’opera di rinnovamento avviata da Francesco, che non è una rottura con la tradizione bensì un modo per riscoprirne le origini autentiche, per tornare all’essenzialità del Vangelo.

La Chiesa che ci propone Francesco è una Chiesa conciliare, missionaria e povera, che guarda soprattutto alle periferie esistenziali. Una Chiesa «in uscita». Una Chiesa in cammino, incarnata nella storia proprio perché la fede cristiana è una fede in cammino, una fede storica. Una Chiesa che mette la predicazione del Vangelo al primo posto. E allora, perché non dovremmo essere con lui, in ogni caso?

Andrea Fagioli