Nella scuole lo spettacolo sull’autodeterminazione del sesso

Caro direttore, «Fa’afafine – Mi chiamo Alex e sono un dinosauro» è il titolo di una rappresentazione teatrale in scena in questi giorni a Pistoia e poi Firenze e Lucca. Questa è la descrizione del progetto, fatta dai diretti interessati: «Esiste una parola, nella lingua di Samoa, che definisce coloro che sin da bambini non amano identificarsi in un sesso o nell’altro. «Fa’afafine» vengono chiamati un vero e proprio terzo sesso cui la società non impone una scelta. Alex non vive a Samoa, ma vorrebbe anche lui essere un «fa’afafine». Alex ha sempre le idee chiare su ciò che vuole essere: i giorni pari è maschio e i giorni dispari è femmina, dice». A Pistoia la rappresentazione è stata programmata in orario scolastico, con tanto di partecipazione di scolaresche. Mi chiedo, da mamma, quale sia l’utilità di andare ad insinuare dubbi ai bambini in età in cui lo sviluppo personale è in corso. Invece di confermare i bambini nel loro sesso biologico, essi vengono spinti ad interrogarsi sulla possibilità di scegliere un genere diverso dal proprio sesso biologico. I genitori dei piccoli invitati saranno stati informati adeguatamente su che tipo di spettacolo andranno ad assistere? Papa Francesco si è espresso più volte riguardo a «colonizzazioni ideologiche» con teorie frutto «di sbagli della mente umana», ma sembra che questi appelli siano stati sottovalutati, se non da benemerite associazioni che pongono l’attenzione su questi temi.

Maria LunardiFirenze

Grazie, carissima Maria, per la segnalazione dell’arrivo in Toscana di questo spettacolo che sta girando da tempo in Italia e di cui nei giorni scorsi si è occupato anche «Avvenire» ricordando che esiste una raccolta di firme per bloccarlo (www.citizengo.org) alla quale hanno già aderito decine di migliaia di persone. Lo spettacolo teatrale, come si è capito, parla di un bambino che vive problemi identitari che lo portano a credersi un giorno maschio e l’altro femmina. Per questo non sa se vestirsi da calciatore o da principessa per incontrare un amico. Il problema è che questo spettacolo propone in termini positivi la possibilità dell’autodeterminazione dell’orientamenteo sessuale, quando nella realtà, casi simili, sono solo riconducibili a disturbi di identità di genere che provacono conflittualità e sofferenze. Un tema quindi molto complesso per tutti, figuriamoci per i ragazzi dagli otto ai sedici anni a cui risulta indirizzato «Fa’afafine – Mi chiamo Alex e sono un dinosauro». Giustamente, lei, Maria, si chiede se i genitori siano stati adeguatamente informati. Probabilmente no. Eppure, come ha scritto «Avvenire», «prima di cantare le gioie del terzo sesso o del “genere fluido” sarebbe il caso di consultare qualche specialista di pediatria o qualche psicologo coraggioso – che non tema di essere censurato dal suo ordine professionale per discriminazione di genere – e verificare se l’eventualità sia davvero così auspicabile e così lieve».

Andrea Fagioli