Monti, le aperture festive, le elezioni e i cattolici
Gentile direttore, lavoro in un centro commerciale e come tante mie colleghe da circa un anno sono costretta a lavorare anche nei giorni festivi grazie ad una legge che liberalizza senza limiti il settore del commercio. Perfino il Natale, come ha ricordato il cardinale Betori, finora tra i giorni più sacri, comincia a diventare un qualsiasi giorno dell’anno. Tutto per rispondere alla logica di mercato a scapito di valori più alti come l’unità della famiglia, la socializzazione, il diritto al riposo.
Ma è davvero necessario permettere l’apertura dei negozi senza nessuna regola? Mi risulta che l’Italia si distingue in senso negativo rispetto ad altri paesi europei dove la festa è di gran lunga più valorizzata. Mi rattrista il fatto che sia stato un governo guidato da un cattolico come Monti a varare una legge così liberista. Altra delusione del governo Monti é stata la normativa che prevede il pagamento dell’Imu anche per le scuole paritarie.
Il mio bambino frequenta una scuola materna gestita da suore e se dovessero pagare questa tassa la scuola potrebbe chiudere. Da quanto ho letto in tutta Europa le scuole non statali sono finanziate dallo Stato. Perché in Italia vengono discriminate? Se Monti presenterà una sua lista non credo che riceverà tanti consensi dai cattolici. Ma forse riceverà l’apprezzamento dei radicali che anche per quest’anno hanno ricevuto, senza tagli, i 10 milioni di euro per la loro radio.
No, non è necessario permettere l’apertura dei negozi senza nessuna regola. Ne sono più che convinto e ne è convinto questo giornale, che ha sempre sostenuto le battaglie contro le aperture festive. E non solo per motivi religiosi, ma per il danno alla coesione sociale che ne deriva, nel senso che il lavoro (ma anche solo l’andare per negozi e centri commerciali) nei giorni di festa rende più difficile la relazione tra persone, in primo luogo all’interno delle famiglie. Questo ha ripercussioni negative sul benessere sociale, che anche per la scienza economica – come ci ricordava qualche tempo fa in un editoriale Pier Angelo Mori – non dipende solo da variabili economiche. La coesione sociale è un fattore di benessere sociale e in quanto tale è un interesse generale della collettività. Una società che trascura questo aspetto essenziale della propria vita non è sana sul piano etico, sia religioso che laico, e, paradossalmente, rischia di non avere neppure una sana economia: religione, etica ed economia non sempre sono in conflitto e il problema delle aperture festive è lì a dimostrarlo.
Premesso questo, cara Letizia, non credo si possa giudicare l’operato di un governo per una legge, né tantomeno si possano dare o togliere «patenti» di cattolicità. In un quadro di libertà religiosa e di coscienza, si deve valutare l’operato di Monti indipendentemente dal suo essere o meno cattolico. Tu dici anche che il presidente del Consiglio dimissionario, nel caso di una propria lista (tra l’altro ormai annunciata), non riceverà tanti consensi dai cattolici. Non lo so. So soltanto che Monti è il frutto del fallimento dei partiti. Ha fatto quello che i partiti non sono stati in grado di fare, comprese cose forse poco eque o a nostro giudizio sbagliate. Ma ha ridato di fatto dignità alla politica e al nostro Paese e non è giusto ironizzare, come ha fatto qualcuno, sul salire o scendere in politica, sull’essere di rango inferiore o superiore. Se poi una parte del mondo cattolico (quanto ampia non lo so) si riconoscerà in lui non significa che sta per nascere una formazione nuova di ispirazione cristiana con la «benedizione del Vaticano» (lo dimostra la presenza anche qualificata di cattolici negli altri schieramenti). Significa piuttosto che c’è voglia di una politica diversa, di profilo più alto, e che il bipolarismo, con gli schieramenti che si prospettano, ha segnato davvero il passo. Ciò non vuol dire che le cose saranno facili, sia prima che dopo le elezioni. Lo stesso schieramento che si riconosce in Monti è composito, così come sulle future alleanze peseranno questioni anche etiche non indifferenti.
Andrea Fagioli