Le primarie valgono la pena
Spesso in Italia le primarie, invece di consentire ai simpatizzanti di un partito di scegliersi liberamente i candidati, finiscono col diventare una passerella per personaggi in cerca di visibilità e di poltrone. Certo, le primarie funzionano meglio negli Stati Uniti, paese-culla delle primarie, perché con le primarie ci si mette effettivamente d’accordo nel portare un candidato che rappresenti tutti, dato che lì, negli Usa, i partiti sono dei veri e propri comitati elettorali, pronti a riunirsi e sciogliersi al momento delle presidenziali o per la scelta dei componenti del Congresso e del Senato. Da noi, invece, le primarie diventano una passerella per personaggi in cerca di visibilità e di poltrone. Quasi una forma di esibizionismo. Peccato!
Un paio di numeri fa, ricoscendo a Matteo Renzi la capacità di mobilitare intorno a sé migliaia di persone (che ormai sono diventate centinaia di migliaia) auspicavo che anche il centrodestra arrivasse alle primarie. Per il semplice fatto che, da una parte o dall’altra, queste consultazioni all’interno di un partito o di una coalizione possono rappresentare un momento per riavvicinare la persone alla politica. E ne abbiamo davvero bisogno in questo momento di grandi difficoltà economiche, ma anche di grande caos politico a cui i vari leader stanno dando un contributo notevole, soprattutto alcuni.
Al momento, se non interviene niente di nuovo, il segretario del Pdl, Angelino Alfano, ha annunciato le primarie del suo partito per il 16 dicembre e al tempo stesso ha annunciato la sua candidatura. Per tutti gli altri c’è tempo fino al 16 novembre. Nei sondaggi si dice che Alfano avesse già superato Berlusconi, ma la decisione di andare alle primarie è forse dovuta al tentativo di rivitalizzare un Pdl in oggettiva, forte erosione di consensi, soprattutto all’indomani degli scandali del Lazio e della Lombardia, ma anche dell’esito del voto in Sicilia, che farà riflettere il Pdl per la sconfitta, ma che deve far riflettere tutti e non poco per l’altissima percentuale di astenuti alla quale va aggiunta la percentuale di antipolitica contenuta nel successo del Movimento di Grillo, primo partito dell’isola!
Tornando alle primarie, il Pdl avrà inoltre guardato anche a quello che succede sull’altra sponda dove appunto i contendenti del centrosinistra riescono a portare la gente in piazza. Sul fronte del centrosinistra c’è semmai da ribadire che la decisione del Pd di tenere le primarie di coalizione modificando lo statuto per permettere la partecipazioni di altri e non solo del segretario politico resta apprezzabile. Un po’ meno apprezzabile il cambio delle regole in corso d’opera, che ha fatto arrabbiare Renzi e che, come sottolineava «Avvenire» nei giorni scorsi, potrebbe risultare assai pericoloso perché al limite consente a chi fosse sconfitto di non riconoscere la piena legittimità del percorso con conseguenze imprevedibili. Questo infatti è il problema del Pd: cosa succederà dopo le primarie? Il perdente sosterrà davvero il vincitore?
Ma c’è anche il problema del confronto Bersani-Renzi senza risparmio di colpi. Il duello va avanti, ma bisogna fare attenzione perché, come dicono gli esperti di sondaggi, «il duello deve essere autentico, a viso aperto, ma non all’ultimo sangue. La rissa può pagare prima, dopo però bisogna raccogliere i cocci e fare sintesi, un’operazione non sempre facile. C’è il rischio boomerang se manca il fair play di fondo». Detto questo (pur non sentendomi coinvolto in prima persona), sono convinto che le primarie valgano la pena, da una parte e dall’altra.
Andrea Fagioli