Le pericolose derive del disegno di legge sul fine vita

Gentile direttore, riguardo la legge sul fine vita, nello specifico le cosiddette «Dat» e «Testamento biologico», ritengo che altro non sono che la legittimazione di fatto, pur mascherata, dell’eutanasia palese: un pretesto per sopprimere la vita di tante persone affette da gravi fragilità e disabilità, come dei tanti anziani con gravi patologie, cronicità, disabilità o terminali, specia poi se soli. Già nel pensiero dominante sono considerate scarti, un peso economico, come spesso ci ricorda Papa Francesco, con cui procedere con più determinazione e manifesta arroganza ideologica, di quanto già da tempo avvenga in tanti reparti ospedalieri e di lunga degenza, nell’avvalersi di pianificate astute forme e metodi più o meno subdoli volti ad accocciarne la vita. Nelle condizioni di estrema sofferenza prolungata spesso, specie nella solitudine, è umanamente legittimo che prevalgano momenti di estrema angoscia e disperazione, con invocazioni anche estreme, ma che non si può farle passare per consenso abusandone conseguentemente, anziché curare con competenza e accudire in ogni necessità amorevolmente e con umana compassione, poiché la vita di ogni persona, in ogni condizione, è sacra e lo è ancor di più se debole e indifesa.

Serafino B.

Ha ragione, caro Serafino, i motivi di preoccupazione per questo disegno di legge approvato dalla Camera, ora in seconda lettura al Senato, sono veramente tanti. Le pericolose derive che lei mette in evidenza sono state sottolineate nei giorni scorsi anche dal presidente dei vescovi italiani, il cardinale Angelo Bagnasco, che ricorda anche precedenti leggi in cui è successo la stessa cosa. Questa impostazione personalistica, tra l’altro, è lontana, a giudizio di Bagnasco, dalla stessa nostra Costituzione che tutela la salute come diritto dell’individuo nell’interesse dell’intera collettività. Invece, questo testo considera sostanzialmente l’uomo padrone assoluto di una vita che non si è dato. Un’analisi puntuale delle cosiddette «Dat», ovvero le Disposizioni anticipate di trattamento, la può trovare nell’intervista al giurista Alberto Gambino, presidente di Scienza & Vita, che mette in luce le varie ambiguità, compreso il considerare come terapia, anziché come sostegno vitale, l’alimentazione e l’idratazione artificiale, che combinandole con la sedazione profonda portano alla morte e quindi, di fatto, all’eutanasia passiva. A quel punto, il passo verso l’eutanasia attiva potrebbe essere breve. Personalmente vorrei aggiungere e sottolineare come certe leggi, che affrontano temi tremendamente seri come appunto la morte e la vita, avrebbero bisogno di essere valutate e discusse in un clima ben diverso da quello che si è generato negli ultimi tempi in Italia a proposito di eutanasia, suicidio assistito, accanimento terapeutico…, mischiando volutamente il tutto e portando alla ribalta casi estremi e commoventi per forzare opinione pubblica e politica nel nome di una libertà che giustamente è stata definita «morte a comando».

Andrea Fagioli