Le offerte per i sacramenti e «i braccini corti» dei cristiani

Caro direttore, mi sono sposato in chiesa a Putignano vicino Pisa. Ho poi abitato per una decina d’anni a Oratoio, e ora mi trovo a Ghezzano, tutti e due paesi vicini alla città di Pisa. Mia figlia è stata battezzata, ha ricevuto la Comunione e la Cresima. Nessun sacerdote mi ha mai detto di un tariffario né chiesto soldi per ricevere i sacramenti. Le offerte sono sempre libere, come anche per le intenzioni delle Santa Messe. Può essere che in certe città e luoghi, per vari motivi (tappeti, fiori, organista, musica, canti, ecc.) ci siano spese extra. Ma questo è un altro discorso che non riguarda i sacramenti e il sacerdote. Papa Francesco ha ricordato a tutti che i sacramenti sono gratuiti. Certo. Gesù ci ha riscattato con il sangue e la vita. Non lo dobbiamo dimenticare. Le offerte invece che vengono fatte sono per la parrocchia, per la Chiesa e anche per il parroco.

Giovanni ManecchiaGhezzano (Pisa)

Caro Giovanni, della questione ci siamo occupati nel numero scorso addirittura con un editoriale. Torno, però, volentieri sul tema perché lo reputo importante e ci può permettere anche qualche ulteriore riflessione. Porto anch’io, per quello che vale, la mia esperienza: anch’io mi sono sposato in chiesa e ho tre figli che hanno ricevuto (ormai qualche anno fa) i tre sacramenti dell’iniziazione cristiana. Nessun sacerdote (e ne ho incontrati diversi) mi ha mai chiesto un centesimo. Nemmeno per i funerali, cha anche quelli, come a tutti, sono capitati. Certamente un’offerta, per quanto possibile, ho sempre cercato di lasciarla, ma in totale libertà. Io credo, caro Giovanni, che tanti altri amici, insieme a noi, potrebbero raccontare la stessa cosa. Questo non vuol dire che il Papa non avesse motivo per quel suo richiamo del 21 novembre scorso suggerito dal brano evangelico della cacciata dei mercanti dal tempio. Di sicuro aveva notizie certe di chiese dove «ancora oggi – come ha detto testualmente –, c’è lì la lista dei prezzi: battesimo, tanto; benedizione, tanto; intenzioni di messa, tanto…». Inoltre, quando il Papa parla dobbiamo sempre tener presente che non si riferisce solo all’Italia, ma a tutto il mondo. Detto questo (e rimandando al puntuale scritto del numero scorso a firma di don Roberto Gulino), vorrei aggiungere che spesso ci manca attenzione alle necessità delle nostre parrocchie e dei nostri parrocci. Quando si tratta di dare, sia pure liberamente, un’offerta, scattano, come si dice, «i braccini corti». Cosa che invece non abbiamo ad esempio con il fioraio (o fiorista) quando dobbiamo agghindare (a volte in modo persino eccessivo e pacchiano) le panche della chiesa per un matrimonio. Per capire quanto siamo «tirati» basta chiedere ai nostri parroci quanto raccolgono durante le Messe domenicali, oppure spiare, anche se non è bello, nei cestini della questua per vedere quanta poca «carta» c’è a fronte delle tante monetine. E non credo si tratti sempre dell’«obolo della vedova». Nell’antichità esisteva la «decima». La Bibbia parla di un’offerta regolare al tempio della decima parte dei prodotti agricoli o del gregge. Non dico si debba tornare a tanto, ma almeno alla «centesima» forse sì.

Andrea Fagioli