Le diverse sensibilità sul tema dell’immigrazione
Egregio direttore, in vari angoli delle nostre città ci sono giovani senegalesi a chiedere l’elemosina. Il Senegal con altri 17 stati africani paga il 65% del prodotto interno lordo alla Francia. A Parigi si stampa il franco africano, moneta ufficiale di questi paesi. La Francia da questi paesi ricava dai 500 ai 1000 miliardi di euro circa all’anno. Questi paesi sono poverissimi la loro seconda lingua è il francese e sono desiderosi di andare in Francia, ma il governo Macron non li vuole e li blocca nei campi di Ventimiglia. Nessuno ha condannato la Francia. L’Europa si è subito scagliata contro il nostro governo che cerca di limitare l’ingresso di clandestini in italia. In Australia con la legge no way (nessun modo) nessun clandestino può entrare nel paese. Se ci entra viene relegato in un’isola dove non prenderà mai la cittadinanza australiana e può uscire da questa isola solamente per rientrare nel suo paese di partenza. Non risulta che l’Onu abbia ammonito la democratica e libertaria Australia. Sorvolo su cosa succede nella democratica Israele e che fine fanno sia i clandestini che i profughi. Il nostro giornale cattolico deve informare e ricercare la verità.
Roberto Lombardo
Egregio direttore, in questo periodo non sono mancate, in continuità di una politica ostile e di rivalsa contro l’Europa, «ipocrita e insensibile sull’immigrazione» – come ha affermato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte – le minacce di sospendere i finanziamenti all’Unione europea e il voto contrario in sede di bilancio. Inoltre risultano sempre più becere e dissennate le posizioni dei leader della Lega e del M5S che alimentano odio, paure e rancori nell’opinione pubblica, ma nel contempo riflettono l’incapacità di affrontare le tante difficoltà presenti a livello interno e nei rapporti con l’Europa. Rispetto a questa deriva populista e oltranzista, nella quale si cominciano ad avvertire i rischi di un attacco alla democrazia e ai valori della Costituzione, i cattolici sono chiamati a rimotivare o comunque a rinvigorire la partecipazione, il necessario impegno e la testimonianza personale e organizzata nei vari ambienti della vita sociale e comunitaria: famiglia, scuola, lavoro, associazionismo, volontariato, istituzioni politiche territoriali e nazionali. Occorre portare un appassionato e qualificato contributo – come richiamato dalla «Gaudium et spes» – sui temi della vita economica-sociale e culturale finalizzata al bene della persona umana, a partire dai più deboli ed emarginati. Si sta vivendo un momento di grandi cambiamenti sociali, economici, politici, morali i anche religiosi che interessano la vita di popoli e nazioni; in tal senso si fa ancora più essenziale il dialogo, l’accoglienza, la comprensione, la solidarietà che siano il frutto della corresponsabilità di ognuno e dell’esigenza morale insita in tutte le relazioni umane e politiche.
Arrigo Canzani
Sembra che l’immagine pubblicata di recente su alcuni giornali di tre uomini di colore legati ai piedi e appesi a testa in giù risalga al 25 ottobre 2017. In un sito nigeriano, citando un utente Facebook, si sostiene che gli uomini siano stati attaccati da alcuni giovani dopo aver commesso un non meglio precisato crimine. In realtà, l’immagine non sembra far parte degli orrori di altre immagini. La crudeltà umana, purtroppo non ha limiti, ma in questa immagine la crudeltà umana sembra avere dei limiti. Non mi si prenda per un cinico, cerco solo di conoscere un po’ di verità. I tre uomini appesi in quella maniera barbara, non sembrano aver subito torture, oltre quella in atto, e non sembrano aver sofferto fame e sete. I poveretti non sono del tutto appesi nel vuoto, possono trovare sollievo servendosi della braccia. Speriamo che il limite alla crudeltà abbia riguardato anche il tempo in cui i poveretti sono stati lasciati in quella posizione.
Renato Pierri
Nel viaggio di ritorno dalla difficile spedizione in Irlanda, dove ha affrontato lo spinoso problema della pedofilia, Papa Francesco ha parlato anche di accoglienza e d’immigrazione. Facendo capire che, sia pure a distanza, insieme al cardinal Bassetti, presidente della Cei, ha pilotato e ispirato l’intervento che ha condotto a risolvere in gran parte (100 migranti accolti a Rocca di Papa) la questione degli africani ancora a bordo di Nave Diciotti a Catania. Per questo la Chiesa ha ricevuto i ringraziamenti e i complimenti perfino del ministro Salvini, mai tenero con le gerarchie ecclesiali in passato su questo tema. Papa Francesco ha annunciato il luogo di accoglienza dei 100 migranti, ma ha raccomandato la virtù della prudenza anche nell’accoglienza. «Fate come la Svezia, che si è fermata perché non aveva più possibilità d’integrazione. La virtù del governante: prudenza sul numero e sulle possibilità di integrare. Il popolo che non può integrare è meglio che non riceva».
Parole che hanno fatto strabuzzare gli occhi ai buonisti di casa nostra, ma che non sono le prime di questo tipo pronunciate da Papa Francesco. La grande stampa, i mass media omologati fanno da grancassa soprattutto alle affermazioni del Papa quando giustamente invita a praticare misericordia e accoglienza, quando ricorda che Gesù predicava l’accoglienza dello straniero («ero straniero e non mi avete accolto», Vangelo secondo Matteo, cap. 25), ma tacciono accuratamente quando Bergoglio ricorda che anche l’accoglienza deve avere un limite e che sarebbe più opportuno limitarla quando l’integrazione non è più possibile, come sta avvenendo adesso in Italia. Eppure Bergoglio ha ripetuto questi concetti molto più spesso di quanto non si creda. Andiamo a ritroso e, prima dell’esternazione ultima ne troviamo molte altre.
Già il 29 luglio 2018 all’Angelus aveva rivolto un appello ai politici di tutto il mondo perché combattessero la tratta dei migranti, invitando ogni cittadino a denunciare le ingiustizie e contrastare con fermezza questo vergognoso crimine. Ancora prima il 24 novembre 2017 Papa Francesco aveva confermato questa tesi: l’accoglienza dei migranti ha dei limiti oggettivi, concreti. Accogliere sì, ma con «prudenza, considerando le esigenze di tutti i membri dell’unica famiglia umana e il bene di ciascuno di essi».
La quadratura del cerchio tra flussi di migranti e soglie di massima tolleranza sul numero dei richiedenti spetta ai governanti, alla loro lungimiranza e alla capacità di avere uno «sguardo contemplativo, capace di guidare il discernimento dei responsabili della cosa pubblica, così da spingere le politiche di accoglienza fino al massimo dei limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso».
Nel settembre 2017 Tv2000, aveva trasmesso un intervento di Bergoglio, dello stesso tenore, sulla questione immigrazione. In tale occasione avevano destato stupore le parole di Papa Francesco pronunciate sul volo di ritorno dalla Colombia. Bergoglio sosteneva che l’accoglienza doveva essere finalizzata all’integrazione e quindi non illimitata. Memorabile il discorso del 2014 nella sede del Parlamento Europeo, davanti a tutti i parlamentari dei paesi Ue. Fra i temi caldi Bergoglio affrontò con grande forza anche quello delle migrazioni. Tirando le orecchie alla maggior parte degli Stati europei, che avevano lasciato il peso dell’accoglienza soltanto alla Grecia e all’Italia: «è necessario affrontare insieme la questione migratoria. Non si può tollerare che il Mar Mediterraneo diventi un grande cimitero! L’assenza di un sostegno reciproco all’interno dell’Unione Europea rischia di incentivare soluzioni particolaristiche al problema. Accoglienza sì, ma controllata, capace di salvaguardare la dignità di chi viene accolto e al contempo tutelare la popolazione che pratica l’accoglienza. Occorre mettere in atto legislazioni adeguate che sappiano allo stesso tempo tutelare i diritti dei cittadini europei e garantire l’accoglienza dei migranti». Un colpo al fegato di quasi tutti gli Stati europei, ma il Papa non si fermò qui, aggiungendo che «Le popolazioni vanno anzitutto aiutate a casa loro. Certo non si può lasciare annegare in mare chi sta naufragando e nemmeno si può risolvere la drammatica vicenda di chi è in fuga semplicemente chiudendo le frontiere. Si tratta invece di agire soprattutto sulle cause».
Ecco, credo che i burocrati e i politici che, strapagati, popolano, quasi inutilmente, gli eleganti uffici di Bruxelles (dove anch’io, lo confesso, sono stato per 4 anni, fuggendo in tempo) dovrebbero riflettere con attenzione su queste significative e importanti parole di papa Francesco, dirette proprio a loro, e ispirare a queste le loro politiche. La tesi sostenuta da Bergoglio è stata del resto esposta anche dagli ultimi suoi predecessori. Giovanni Paolo II lo fece nell’esortazione apostolica «Ecclesia in Europa» del 2003 dove si legge: «È responsabilità delle autorità pubbliche esercitare il controllo dei flussi migratori in considerazione delle esigenze del bene comune».
Nel famoso discorso sul diritto a non emigrare», pronunciato nel 2012, Benedetto XVI riafferma ancora una volta come la Chiesa riconosca ad «ogni Stato il diritto di regolare i flussi migratori e di attuare politiche dettate dalle esigenze generali del bene comune» sebbene non debba mai essere messo in discussione «il rispetto della dignità di ogni persona umana». Ratzinger insiste poi sulla questione dell’immigrazione regolare, «tema tanto più scottante nei casi in cui essa si configura come traffico e sfruttamento di persone, con maggior rischio per donne e bambini». «Tali misfatti – scrive il Papa – vanno decisamente condannati e puniti, mentre una gestione regolata dei flussi (…) potrebbe almeno limitare per molti migranti i pericoli di cadere vittime dei citati traffici». Le parole pronunciate da Bergoglio sul volo di ritorno da Dublino non fanno che riproporre, dunque, quella che è la linea di sempre della Chiesa cattolica sul tema dell’immigrazione, così come è stata sostenuta con forza e chiarezza dai suoi predecessori.
Paolo Padoin
Sul tema dell’immigrazione stanno arrivando lettere e interventi, a dimostrazione che è un tema di grande interesse, ma sul quale ci sono anche sensibilità diverse. Per cercare di dare voce a tutti, lasciamo l’intero spazio di questa pagina ai vari contributi, alcuni dei quali siamo stati comunque costretti a ridurre.
Andrea Fagioli