La «via crucis» di chi vive con un disabile in casa
Caro direttore, il mio amico Alessandro mi ha inviato questa lettera chiedendomi una mano per diffonderla. Alessandro da un po’ di tempo ha dato vita ad un’associazione che cerca di aiutare chi si trova in queste situazioni, ma spesso non è preso minimamente in considerazione. Non è in cerca di voti: alle prossime elezioni pensa di non ricandidarsi ed è stanchissimo (lavora a Bologna) ma fa questo per spirito di servizio.
Bruno Baccani
Negli ultimi anni ho stretto un rapporto di stima con alcune famiglie che hanno un figlio con handicap. Ho scelto (3 anni fa) di dedicare gran parte della mia attività di Consigliere comunale a trattare tematiche legate alla vita delle fasce più deboli della popolazione, anche per questo, quando la famiglia di un ragazzo disabile della mia città mi ha invitato a trascorrere una giornata con loro per comprendere appieno la loro quotidianità, ho accettato senza indugi.
Angelo ha 43 anni ed è fin dalla nascita disabile mentale con invalidità al 100%. Sono stato ospite della famiglia di Angelo di sabato(giorno in cui io non lavoro),in quel giorno il ragazzo è a casa perché il centro diurno che frequenta dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 17, è chiuso.
Arrivo all’abitazione di Angelo già di prima mattina e trovo i suoi genitori intenti nel fare più cose possibili in casa (pulizie, preparare pranzo e cena, lavare, stirare…) prima che il ragazzo si alzi perché da quel momento sarà necessario che uno dei due lo segua continuamente in ogni suo passo e desiderio. La giornata si presenta quindi fin dall’inizio in tutta la sua durezza, venendo poi sempre da nottate in cui le ore di riposo non sono mai quelle sufficienti a riprendere le energie per la necessità di alzarsi più volte per le medicine da somministrare al figlio o comunque per controllarne il sonno.
Mi raccontano come, con il passare degli anni, avvertano sempre di più le difficoltà e la fatica anche fisica e di come più volte sia capitato che un genitore fosse malato, o anche per brevi periodi in ospedale. In quelle circostanze crolla il «castello di carte» che in tutta la loro vita hanno costruito. Parlando con loro si avverte una profonda umiltà ed una grande sofferenza per ogni ora della loro vita familiare ed una costante, enorme preoccupazione per il domani del loro figlio. Non mi è facile raccontare la fatica a cui ho assistito e che queste persone fanno per arrivare all’ora di andare a letto prima che, dopo poche ore, ricominci tutto daccapo. Alla mancanza di strutture idonee per queste persone (centri diurni, case famiglia, comunità alloggio, residenziali…) si va a sommare una enorme mancanza culturale nei confronti di questi problemi legati alla disabilità. Leggo, su internet, tante lettere che queste famiglie scrivono ai media per far conoscere i loro problemi, stavolta ho voluto essere io a prendere carta e penna e parlare di loro.
Chi porta in sé dei valori cristiani non può rassegnarsi a vivere in una società in cui questi cittadini sfortunati e le loro famiglie vengano lasciati da soli nella loro quotidiana via crucis. Mi piacerebbe che il mio potesse essere un piccolo contributo per aprire le coscienze ed il cuore della gente verso questi temi perché non c’è cosa peggiore che lasciare da solo chi ha bisogno di noi per tutelare il proprio diritto a vivere
Ho deciso di pubblicare (sia pure sfoltita e nonostante sia già uscita da altre parti) questa lettera di Alessandro Martini (da non confondere con l’omonimo direttore della Caritas di Firenze) per più motivi: per esaudire la richiesta di Bruno Baccani, amico e lettore attento; perché lunedì scorso 3 dicembre era la Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità; ma soprattutto per quello che la lettera racconta mettendo in evidenza le difficoltà delle famiglie che devono accudire un figlio disabile, cosa che potrebbe essere allargata a tutti coloro che assistono parenti con difficoltà anche solo perché anziani o colpiti da malattia. Non vi è dubbio che lo sforzo che compiono, che non può essere che dettato dall’amore, è davvero encomiabile e non è mai sostenuto a sufficienza: dalle istituzioni come da chi sta o passa accanto.
Andrea Fagioli