La sorpresa di Papa Francesco

Il vero senso della Chiesa poveraGentile direttore, la bellissima frase di Papa Francesco: «Come vorrei una Chiesa povera per i poveri» non deve essere letta in modo superficiale. Il Papa ha richiamato la Chiesa ad una vita basata sull’essenziale, ma non alla rinuncia delle proprie risorse. Se cosi fosse come potrebbe sostenere un numero infinito di opere sociali e assistenziali per i poveri? Non ci vedo nulla di male se la Chiesa affitta i suoi immobili nei paesi ricchi se poi con il ricavato costruisce un ospedale in India o una scuola in Africa. Troppo spesso si dimentica l’immenso bene che la Chiesa fa nel mondo. Jacopo Cabildoindirizzo email Una riflessione sui nomi dei PapiNei tanti pensieri di questi giorni pieni di stupore, uno mi ha sorpreso: ho pensato che Benedetto e Francesco, i nomi degli ultimi due Papi, sono i nomi delle due persone che più hanno reso esperienza, nella storia della Chiesa, la presenza viva di Cristo. Nei momenti difficili, quando cadeva il mondo antico, i gruppi di uomini che seguendo la regola di San Benedetto si riunivano nei monasteri, vere cittadelle di una civiltà dell’amore, furono le radici di una civiltà cristiana, umana. Benedetto XVI descrisse questi uomini nel memorabile discorso nel monastero dei Bernardini, a Parigi, il 12 settembre 2008: «Il loro obiettivo era: quaerere Deum, cercare Dio. Nella confusione dei tempi in cui niente sembrava resistere, essi volevano fare la cosa essenziale: impegnarsi per trovare ciò che vale e permane sempre, trovare la Vita stessa. Erano alla ricerca di Dio. Dalle cose secondarie volevano passare a quelle essenziali, a ciò che, solo, è veramente importante e affidabile: dietro le cose provvisorie cercavano il definitivo».

Benedetto XVI ha dato testimonianza di questa unicità di Cristo nella sua vita e l’ ha proposta al mondo intero in ogni discorso, gesto, fino all’ultimo momento in cui, ritirandosi dalla vista del mondo ha mostrato in la grigia del suo volto in Chi ha posto tutta la sua consistenza. In un altro momento decisivo della storia del cristianesimo, quando nascevano i commerci, la finanza, le città con nuovi valori, nuove ricchezze e povertà, apparve Francesco a dire a tutti che l’unica ricchezza è Cristo, che lui può rispondere alla ricerca di bene di ogni uomo. Alter Christus, lo chiamavano tanto era evidente in lui l’identificazione con Cristo. Nacque una nuova lingua (il Cantico delle creature è la nascita dell’italiano) una nuova arte (il gotico francescano, la pittura di Giotto) un nuovo impeto missionario che raggiunse tutto il mondo. Oggi succede lo stesso, nell’accelerazione del nostro tempo: Benedetto XVI ci ha fatto guardare a Cristo, il vero protagonista della storia («vince Lui»: così si è accomiatato dai cardinali), il suo amore fonte di allegria è il centro e la ragion d’essere della Chiesa. Solo da lui può rinascere un mondo realmente umano.

Con Papa Francesco sembra di vedere questo annuncio fatto carne in un uomo che si mette tutto in missione, e chiede a tutti i Cristiani di seguirlo per dare testimonianza di Cristo con la vita, con una povertà esteriore che mostra a chi davvero affidiamo la nostra vita. Diceva pochi giorni fa ai Cardinali: «Tutti insieme, Pastori e fedeli, ci sforzeremo di rispondere fedelmente alla missione di sempre: portare Gesù Cristo all’uomo e condurre l’uomo all’incontro con Gesù Cristo Via, Verità e Vita, realmente presente nella Chiesa e contemporaneo in ogni uomo. Tale incontro porta a diventare uomini nuovi nel mistero della Grazia, suscitando nell’animo quella gioia cristiana che costituisce il centuplo donato da Cristo a chi lo accoglie nella propria esistenza».

Che stupore riconoscere la continuità tra questi due grandi e così differenti Pastori che Cristo ci ha dato. Lo ha spiegato lo stesso Francesco, quando, parlando dell’azione dello Spirito nella Chiesa ha detto: «Il Paraclito fa tutte le differenze nelle Chiese, e sembra che sia un apostolo di Babele. Ma dall’altra parte, è Colui che fa l’unità di queste differenze, non nella “ugualità”, ma nell’armonia. Io ricordo quel Padre della Chiesa che lo definiva così: “Ipse harmonia est”». Seguire quest’uomo, Francesco, che provoca e scuote, è la grande sfida e promessa di questi giorni nuovi della Chiesa e del mondo.

don Giovanni PaccosiSanta María de la Reconciliación a Carabayllo (Perù) Sta a noi seguire i buoni pastoriCarissimo direttore, non saprei come descrivere la mia gioia di cristiano, per l’arrivo di Papa Francesco. Ogni giorno ci sorprende la sua umiltà, il suo richiamo ai poveri e alla misericordia, la sua umanità espressa con simpatia e spontaneità, il suo vestire sobrio «senza segni» esteriori. A suo tempo scrissi una lettera, e Famiglia Cristiana la pubblicò, dove dicevo che le scarpette rosse diventavano agli occhi di molti o pochi credenti praticanti, un’esibizione come quelle colorate dei calciatori miliardari, e i paramenti d’oro esprimevano pesantezza ed esagerazione. Meditandoci un po’ conclusi: meglio essere irriverente che indifferente! Nei giorni dell’addio di Papa Benedetto XVI, fino alla partenza dell’elicottero, ricordavo con vergogna la mia irriverenza, e le severe parole di un dotto professore conseguenti al mio scritto, il quale mi dava d’ignorante, per non sapere o non tener conto dei segni storici e la loro simbologia. Tutto questo conta ben poco, e quel che voglio dire è altro. Con questo dono, certamente fatto dallo Spirito Santo, Papa Francesco riporta la Chiesa alle origini con un esempio eclatante e tanto desiderato. Il mio scrivere abbastanza inadeguato e puerile, vuol rimarcare un altro bellissimo esempio Pastorale datoci dalla semplicità e umiltà del nostro Vescovo di Fiesole, Mario Meini, forse fino ad oggi scambiata per cosa irrilevante. Il Vescovo Mario è un pastore che non imita i gesti di questi giorni, ma da tempo ci dimostra in ogni occasione di voler servire e non essere servito! Oggi, vedendo esaltare e commentare le immagini televisive, è opportuno una riflessione sull’unicità e umiltà dei nostri Pastori, per comprendere bene e applicare la conversione dentro di noi, altrimenti rischiamo di avere buoni pastori ma di non seguirli affatto. Giancarlo GuivizzaniFaella (Arezzo) Pungoli salutari per tuttiHabemus Papam! Il Popolo di Dio ha un nuovo pastore. Lo Spirito ha soffiato «quasi dalla fine del mondo» per donare alla sua Chiesa, Francesco: il Papa delle novità. Il gesuita, figlio di immigrati, ex-fidanzato, tifoso di calcio, sacerdote in età molto adulta, vescovo «di strada» e cardinale della carità che, uscito dal metrò, si inchina a lavare i piedi ai malati terminali di aids, è la grande, sorprendente, novità. Un Papa «inedito»… dalle parole di fuoco: «O la Chiesa sceglie Gesù o è destinata a diventare una onlus pietosa. Senza la croce non siamo del Signore. Possiamo essere credenti, preti, vescovi o cardinali, non discepoli». Pugni nello stomaco, per molti. Pungoli salutari, per tutti. È finalmente  primavera nella vigna del Signore. Lo sgomento di un «inverno morale» sembra dissolversi, dileguarsi, svanire. Una nuova alba ha colorato di semplicità l’orizzonte di una Chiesa sempre più affaticata nell’ascesa al suo Dio. Daniele Marchettiindirizzo email La «rivoluzione» dei «non rivoluzionari»La realtà della Chiesa non è comprimibile nelle categorie classiche della politica. Quindi, credo non abbia importanza disquisire sul tasso di progressismo o di conservatorismo di Bergoglio. Non si dovrebbe mai dimenticare che il più grande momento di svolta della Chiesa contemporanea, il Concilio Vaticano II, è legato al nome di Papa Roncalli, che certo non aveva mai avuto fama di «rivoluzionario», né dentro né fuori la Chiesa. Anche per Papa Francesco, così poco legato alle logiche e ai costumi della Curia romana, ci sono molte ragioni per ritenere che possa essere un Pontefice innovatore. Ma, come ha fatto capire nella sua prima omelia da Papa, questo processo di cambiamento avverrà all’interno del cammino della Chiesa, che non è né di destra né di sinistra. Mario PulimantiLido di Ostia (Roma)