La solitudine dei cristiani in politica

Caro Direttore,sono un quarantenne che cerca, senza meriti o risultati particolari, di testimoniare nella politica e nelle istituzioni l’adesione alla fede cattolica e alla Dottrina sociale della Chiesa. Nella mia testa cerco di tenere scolpita la frase di Paolo VI «la politica è la più alta forma di carità» ma ogni giorno di più mi chiedo che senso abbia, oggi, parlare di impegno dei cristiani in politica, dal momento che chi vi si dedica vive in una solitudine veramente disarmante. Non esiste più nessun retroterra organizzato con il quale confrontarti, che ti faccia sentire parte di un percorso, anello di una catena: nella stragrande maggioranza delle parrocchie non si parla più di Dottrina sociale della Chiesa, le scuole sociali diocesane non esistono quasi più, l’associazionismo cattolico, dovendo mantenere una sorta di equidistanza dai due poli, finisce per rinunciare ad ogni elaborazione progettuale, addirittura alcuni uomini di Chiesa, soprattutto nei centri più piccoli, evitano di incontrarti in pubblico per paura che chi guarda pensi che il parroco ti sostiene. Ma, al di là della solitudine, ciò che mi manca di più, ed è un problema comune a molti altri, è il confronto, la discussione, l’approfondimento, l’aggiornamento rispetto ai nuovi problemi delle società contemporanee.

La cartina di tornasole di questo «deserto» è rappresentata dai giovani che si formano nelle nostre parrocchie: o vivono il loro cristianesimo in una dimensione esclusivamente spirituale oppure, quelli che sono animati dalla voglia di impegnarsi nel sociale, concretizzano la loro buona volontà nella dimensione associativa senza porsi minimamente il problema dell’impegno politico. Questo, non perché non si rendano conto dell’importanza della politica, ma semplicemente perché, non avendo avuto dalla Chiesa locale nessuna formazione sul piano culturale, nessuno stimolo, nessun incoraggiamento, sono convinti di non essere attrezzati per una presenza nella politica e nelle Istituzioni.

Nelle parrocchie della mia zona sono anni ormai che non si parla di Dottrina sociale, di etica del lavoro, di umanesimo economico e sociale, di come il cristiano deve agire politicamente rispetto ad una società multietnica e multireligiosa.

Quando, soprattutto nella Dc, si realizzava la cosiddetta unità politica dei cattolici, si sentiva, si palpava il sostegno esterno della Chiesa, l’elaborazione culturale di un mondo attivo che preparava i cristiani anche all’impegno politico. Oggi, il fatto che i cristiani militano in entrambi gli schieramenti, sembra aver sollevato la Chiesa locale dal problema di doverli «seguire» o «guidare».Di fronte a questo senso di smarrimento, sento spesso la voglia di lasciare tutto, dedicando magari all’impegno nell’associazionismo e nel volontariato il tempo recuperato: poi però penso a tutti coloro che hanno sofferto per testimoniare in politica i valori cristiani e cerco di andare avanti. Ma il disagio è veramente tanto.Giacomo BassiVicesindaco di San Gimignano (Si)

Vorrei risponderle che si sbaglia, che è troppo pessimista o che la sua è un’esperienza tutta particolare. Invece, purtroppo, ho l’impressione che le cose stiano proprio come lei le descrive. I cattolici impegnati in politica, ovunque siano collocati, non avvertono più la presenza di un laicato cattolico che li sostiene (anche con la critica!) e al quale far riferimento. Nelle stesse parrocchie difficilmente si parla di temi politici (nel senso più nobile del termine) e della Dottrina sociale della Chiesa. C’è un rifiuto della politica che ha radici lontane, ma sul quale si è innestato con effetti devastanti il nostro rissoso bipolarismo imperfetto. Spesso si ha paura di essere etichettati «di destra» o «di sinistra», creando nella comunità ecclesiale dolorose lacerazioni. Qualche segnale di speranza mi sembra venga da un rinnovato interesse per alcuni temi, come la pace e la giustizia nel mondo, sulla scia anche delle parole chiare e profetiche di Giovanni Paolo II. Credo, però, che i tempi siano maturi per una riflessione comune sulla politica che porti ad un rinnovato impegno nel sociale del laicato cattolico. Un impegno lontano dalle antiche forme di collateralismo, ma non per questo forzatamente «neutrale» verso ogni tipo di scelta.