La scuola val bene una Messa
La scuola è appena iniziata e puntualmente, ormai da diversi anni, scoppia la polemica sulla legittimità o meno di far partecipare gli studenti ad una Messa che benedica l’intero anno scolastico, mettendo in subbuglio, in qualche caso interi collegi docenti, consigli di istituto e, nelle scuole superiori, rappresentanze studentesche. C’è da dire che nel corso del tempo le motivazioni addotte sono via via cambiate: dalla difesa «dura e pura» della laicità nei confronti del clericalismo siamo passati all’esaltazione della libertà di coscienza, fino ad approdare oggi ad un travisato, ma assai radical chic, rispetto degli altri credi religiosi. Giustificazioni diverse dietro le quali però si nasconde sempre e comunque uno strisciante materialismo che, con il suo relativismo esasperato, tende ad uccidere qualsiasi forma di spiritualità ed a relegare l’uomo nella sola dimensione economica.
Fermo restando il rispetto per le scelte personali di ciascuno, vorrei fare alcune considerazioni: alla scuola è dato il duplice compito di istruire ed educare le nuove generazioni, così da formare i cittadini del futuro. Questo significa che essa non può limitarsi alla mera trasmissione di nozioni, ma deve necessariamente farsi portavoce di valori, contribuendo, con la stessa efficacia, allo sviluppo armonico del fisico, della mente e dell’interiorità di ciascun individuo. Come già notava il buon vecchio Quintiliano la scuola deve cioè essere maestra di virtù oltre che di cultura. Certo, questo non comporta una scelta confessionale ma neanche sottintende un atteggiamento asettico nei confronti della sfera religiosa. Tra l’altro appare paradossale il fatto che il nostro calendario scolastico è regolato sulle festività cristiane (tolto il periodo estivo, i periodi di vacanza corrispondono a Natale, Pasqua, 1° novembre e, addirittura, festa del santo patrono), siamo tenuti a giustificare e a non tener conto delle assenze effettuate per motivi religiosi (fine del Ramadan, il sabato per la chiesa avventista del settimo giorno .) ma troviamo «politicamente scorretto» professare apertamente il nostro credo. In realtà, come ha acutamente notato una mia studentessa quindicenne di religione musulmana, chi non mostra rispetto e fedeltà alla propria religione non può realmente rispettare neanche le altre. La cosa peggiore, però, è che se da una parte ci industriamo a veicolare valori come il rispetto, la tolleranza, la solidarietà la cui matrice cristiana è chiarissima, dall’altro finiamo in alcuni casi per chiudere le porte proprio a Colui che quei valori ha predicato, negando di fatto la nostra stessa cultura e un popolo che non ha memoria delle proprie radici non ha futuro.
Non posso che sottoscrivere quanto afferma la nostra docente, pur avendo l’impressione che le polemiche sulla Messa all’inizio dell’anno scolastico siano sempre meno per il semplice fatto che sono sempre meno gli istituti che si pongono il problema. In questo senso mi verrebbe anche da pensare che in molti, a proposito del calendario scolastico regolato sulle festività cristiane, penseranno che il 1° novembre si festeggi Halloween.
Andrea Fagioli