La sceneggiata di Pratica di Mare

Caro Direttore,ho seguito, prima con curiosità, poi con perplessità, poi con un vago senso di angoscia, la rappresentazione andata in scena a Pratica di Mare. Così abbiamo un Nuovo Ordine Mondiale: non più Occidente contro Oriente, ma Occidente e Oriente uniti nella lotta contro un Comune Nemico, che, se riferito ai punti cardinali, non può essere che il Sud del Mondo. Ovvio che si debbano prendere misure militari e di sicurezza per difendersi dal terrorismo, ma non può sfuggire la miopia di un progetto che faccia praticamente soltanto di questo il punto di coesione dei Paesi così detti «civili».Ci sono prima di tutto riserve sul metodo: per rendere ragionevolmente «sicuro» un fazzoletto di territorio ci si è dovuti rintanare in una base militare con un ombrello protettivo impressionante «di cielo, di terra e di mare». Gli esperti di sicurezza che, al di là delle messe in scena propagandistiche, vedono i problemi nella loro realtà, ammettono a mezza voce che, se dei piani terroristici non prevedono almeno in ipotesi la sopravvivenza dell’attentatore o degli attentatori, è praticamente impossibile un’azione di contrasto veramente efficace. La pomposa dichiarazione a chiusura del vertice «siamo più forti, ecc., non potrete vincerci, mai», rischia addirittura, come si dice a Prato, di «invitare il matto alle sassate» e somiglia molto a una delle battute più classiche dei western di bassa lega («se fossi in te non ci proverei, Joe…»). Certamente il conflitto fra il Nord e il Sud del mondo andrebbe affrontato in un’ottica del tutto diversa, che vedesse la soluzione più in un’equità di comportamenti politico-economici, più nell’attuazione di programmi veramente solidali di investimento nella dignità di vita di interi popoli, che non in «sante alleanze» di dubbia efficacia. Vedendo lo spiegamento di mezzi a protezione della breve sceneggiata di Pratica di Mare, che si dice abbia avuto un costo superiore ai 12 milioni di Euro, non posso fare a meno, per contrasto, di pensare alla richiesta pervenuta da uno dei Paesi più poveri del mondo all’Associazione caritativa di cui faccio parte: un’ambulanza per trasportare i malati all’unico presidio ospedaliero del posto attraverso grandi distanze e pessime strade. Finché questa non ci sarà, si continuerà a morire (morire!) per le patologie più banali. Forse, con l’aiuto della Provvidenza, riusciremo a dargliela, forse no. Potremo comunque sempre cercare di tenerli buoni dicendo loro che siamo forti, siamo compatti, abbiamo flotte e squadriglie, winchester e colt 45. Nessuno ci vincerà. Mai. Andrea GoriPrato Che sulla firma dell’accordo Nato-Russia si sia fatta in Italia fin troppa retorica mi sembra evidente. Come innegabili sono stati i «giri di valzer» di certi commentatori che fino all’altro ieri dipingevano la Russia come il «regno del male» e oggi la esaltano come «baluardo» di libertà e di democrazia. Davvero dopo quella firma il mondo è più sicuro, come è stato ripetuto fino alla noia dalla maggior parte dei «media» italiani? Oggi le minacce non vengono più dalla contrapposizione tra blocchi ideologici, ma dai conflitti locali mai risolti (come in Palestina o nel Kashmir) e dai fondamentalismi che quasi sempre producono terrorismo. E al fondo di tutto – non dimentichiamocelo mai – ci sono gli squilibri Nord-Sud o meglio tra ricchi e poveri, tra chi vive nell’opulenza e chi muore di fame. Eppure penso ugualmente che l’accordo di Pratica di Mare possa esser definito «storico», perché segna un passo decisivo di avvicinamento della Russia all’Europa e nello stesso tempo può mitigare la tendenza degli Usa ad atteggiarsi – senza ascoltare i consigli di nessuno – a «gendarmi» del mondo.