La scelta di Benedetto /1
Il gesto di un padre che toglie al proprio futuro per donare una nuova «vita» alla «sua» Chiesa. Benedetto chiama alla responsabilità «il mondo» e lo fa con un atto «gandhiano» volto non a vincere quanto a convincere; a condividere una prepotente urgenza quella di riportare al centro di tutto Dio. L’uomo nato dal Concilio sfida le coscienze con un dono di dialogo destinato a segnare la storia e la vita di ognuno. Il Papa della «Verità» ha vinto! Ha vinto come persona, assumendosi tutta la libertà di una decisione sconvolgente, e come pastore offrendo, ad ognuno, una via di liberazione nella Verità. Dio è oggi più che mai «Libertas in Veritate»! Il «grande passo» del Santo Padre è l’ennesimo «Sì» ad un prossimo che è, come per ogni Papa, il mondo intero. Un gesto antistorico rivolto ad una modernità orientata, per troppi aspetti essenziali, al crepuscolo. Di fronte a tanta serena gratuità non resta che rendere grazie.
Riusciamo a dare spazio, questa settimana, solo ad alcune delle lettere arrivate dopo l’annuncio da parte del Papa di lasciare il pontificato. Vedremo se continuare, in base alle esigenze del momento, la pubblicazione anche nei prossimi numeri. Intanto, ringrazio coloro che hanno scritto, mi scuso con chi non vedrà, per ragioni di spazio, pubblicata la propria lettera, ma già queste prime danno bene l’idea anche delle altre, nel senso che la maggioranza esprimono apprezzamento per la sofferta decisione di Ratzinger, mentre una parte se la prende con il plauso del mondo laico oppure con le ipotesi di complotto, o quanto meno di forti contrasti all’interno della Curia romana, ipotizzate di recente. Per quanto mi riguarda, ribadisco quanto scritto a caldo nel numero scorso, anche se, con il passare dei giorni, quella scelta ci impone ulteriori riflessioni, anzi: io credo che proprio adesso, passati clamori ed emozione, i credenti sono chiamati a meditare su cosa realmente significa la rinuncia di Benedetto, quali scenari apre nella storia del ministero petrino, ma soprattutto cosa indica alla Chiesa, a partire dal suo successore.
Forse Benedetto XVI, con quel gesto, che ci ha veramente sorpreso (e pensare che dopo la sua elezione titolammo la prima pagina di quell’aprile 2005: «Il Papa che ci sorprenderà»!) ci vuole spingere a bandire le divisioni, a concepire ogni incarico e ogni ruolo come servizio e mai come potere. Ci vuole spingere ad una maggiore aderenza al Vangelo, a Cristo, a quel Dio che si è fatto uomo e ha scommesso sugli uomini. Dice bene Giuseppe Savagnone in uno degli editoriali di questa settimana: «Dopo il pontificato di Benedetto XVI, non è solo il papato, è tutta la Chiesa che è chiamata a riscoprire fino in fondo questa sua dimensione di umanità. Oggi coloro che la rifiutano spesso non lo fanno perché essa è poco divina, ma perché è poco umana. E dove latita questa seconda caratteristica, diventa irriconoscibile anche la prima».
Andrea Fagioli