Caro Direttore,sollecitato da un confratello, ho letto su un quotidiano toscano una descrizione sociopolitica sull’Episcopato regionale e un tentativo di radiografare il neocardinale Antonelli. E fin qui, purtroppo, dico che vescovo e preti, si sa, siamo giudicati con le categorie culturali oggi prevalenti. Ma quando leggo che a Firenze e, per tutta la Toscana viene esemplificato il cambiamento della Chiesa con il comportamento di «un parroco di frontiera sopportato da parte dei Vescovi che a volte tradiscono paura e insicurezza», e che lui l’Arcivescovo lo sa non ottempera a certe norme di morale familiare e «dà la comunione anche ai divorziati e in generale a chi ha una situazione irregolare, cioè la stragrande maggioranza delle famiglie», ecco, queste dichiarazioni fanno del male.Su quel quotidiano leggo addirittura che «sul piano delle norme morali» un Vescovo permette al parroco di «fare obiezione di coscienza». Così non posso più meravigliarmi delle fughe in avanti anche … in Diocesi di nostri preti su questioni socio politiche, oppure di chi relativizza il celibato dei preti ed altre cose ancora.Le opinioni devono restare opinioni non un fatto di Chiesa, quando la Chiesa con documenti e nel magistero dà direttive ufficiali. Non si deve permettere che i vari Santoro siano considerati come i parroci più illuminati e coraggiosi. I vescovi, dal Presidente della Cet e tutti insieme, di sinistra o di destra, in ascesa o moderati o in età pensione, tutti sono tenuti ad evitare che nella Chiesa ci siano contrastanti ed opposte posizioni in materia di fede e di morale.Don Danilo D’AngioloPietrasanta (Pi)Fare informazione religiosa su giornali laici non è semplice. Anche là dove vi sono dei bravi «vaticanisti» (così vengono chiamati i giornalisti che si occupano di questi temi), i giornali finiscono spesso per collocare i loro pezzi in contesti molto politicizzati o banalizzanti e per titolarli in modo equivoco. Così la nomina a cardinale dell’Arcivescovo di Firenze Ennio Antonelli diventa il pretesto per il quotidiano «Il Tirreno» per ipotizzare «una svolta soft, di tendenza centrista», «schierare» l’episcopato toscano con i «progressisti» o con i «moderati» e segnalare chi di loro sarebbe «in ascesa» o piuttosto «in calo». Un «giochino» che può anche interessare un lettore sprovveduto o lontano dalla Chiesa, ma che non dovrebbe trarre in inganno chi la Chiesa la conosce dal di dentro. Quanto all’intervista al «parroco di frontiera» contenuta in quella stessa pagina capisco che possa disorientare, specie là dove il giovane sacerdote afferma di praticare una sorta di «obiezione di coscienza» distribuendo l’eucarestia anche a fedeli che hanno situazioni coniugali non «regolari». Su questo tema, che è serio e complesso, è vero che c’è dibattito nella Chiesa (specie nei paesi del nord Europa). Ma è anche vero che le indicazioni pastorali sono chiare e non possono essere stravolte né ostentatamente disattese.