La protesta dei genitori per un’iniziativa sulle unioni civili
Sabato 5 marzo a Montevarchi (Arezzo) è stata organizzata dal Comune un’iniziativa legata alla Festa della donna alla quale hanno preso parte sei classi delle scuole secondarie della città. L’iniziativa si è aperta con il film «Lei disse sì», che narra di due donne lesbiche che si sono sposate in Svezia. Dopo i discorsi dei politici del Pd è avvenuta la trascrizione dell’unione civile di due uomini gay. Tutto questo alla presenza degli studenti. Come mamma e con altri genitori ho protestato, ma non sono stata presa in minima considerazione, anzi: siamo stati considerati o fascisti o con una mentalità da retrogradi. Ma questa iniziativa, voluta dalla politica, non ha nulla di costruttivo per i giovani e niente a che vedere con i programmi scolastici. Immaginatevi se gli stessi studenti avessero partecipato a un matrimonio religioso in una chiesa quali polemiche ne sarebbero scaturite. Come genitore protesto vivamente con le autorità competenti perché a mia figlia ho insegnato che la famiglia è composta da uomo e donna e la politica non può entrare nel merito di questi principi. Libertà di coscienza e laicità mi sembrano usate solamente se la si pensa in un certo modo. Spero che chi ha il potere di intervenire, intervenga.
Un mamma umiliata
Questa non è la sola lettera arrivata sull’argomento. È evidente che alcuni genitori di Montevarchi si sono messi d’accordo, anche perché il contenuto è analogo. Tra l’altro non sono indirizzate solo a «Toscana Oggi», ma anche alle istituzioni competenti a partire dal Ministero dell’istruzione. Ciò non toglie il valore della denuncia, anzi: le dà più forza. Tra l’altro, noi stessi abbiamo verificato che realmente alcuni studenti, oltre alla visione del film «Lei disse sì», sono stati invitati alla cerimonia per la prima iscrizione di una coppia gay nel registro delle unioni civili.
Diciamo anche che per il Ministero ha risposto il sottosegretario Gabriele Toccafondi, toscano, per il quale «la scuola non può essere luogo di scontro ideologico, i ragazzi non sono platea per convegni e ciò che entra a scuola deve essere condiviso con i genitori cui spetta, Costituzione alla mano, il dovere e il diritto all’educazione». Il sottosegretario ha anche precisato che «alcuni livelli di scuole, come le primarie e le secondarie di primo grado, dipendono poi da amministrazioni comunali che decidono molte attività». Per questo ha rivolto un appello a tutti perché si lavori per la scuola e per i ragazzi senza usare la scuola e i ragazzi: «Le emergenze che riguardano i giovani sono tante, concentriamoci su queste e lasciamo stare la scuola per altro».
Non credo ci sia molto da aggiungere, se non dare ulteriore ragione a questa mamma quando si chiede cosa sarebbe successo se gli stessi studenti fossero stati portati a un matrimonio in chiesa. Ne è prova quanto accaduto in una scuola media di Londa (di cui si parla in un’altra lettera che ci è arrivata) a proposito della benedizione pasquale.
Andrea Fagioli