La portata profetica di don Lorenzo Milani
Caro direttore, anch’io concordo con lei sul commento ai numerosi interventi sulle precisazioni della Congregazione della Dottrina della fede circa il famoso volume di don Lorenzo Milani “Esperienze pastorali”.Gesù ha detto una volta: «Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!» (Lc 7,31-35). Credo di poter interpretare l’iniziativa del cardinale Betori, sulla sua richiesta circa la situazione canonica del libro ritirato dal commercio, non un’operazione di «riabilitazione» (tardiva ed inutile) ma il tentativo di recuperare la verità da cui partire per capire cosa è successo e da dove ripartire con umiltà per continuare a capire come costruire il nostro futuro ecclesiale. Questa è l’unica riabilitazione credibile per la Chiesa. E credo anche di poter così accogliere il duro ammonimento dell’amica Adele Corradi, grande conoscitrice del carisma di don Lorenzo (si legga, al riguardo, il suo unico ma delicato libro di memorie sul Priore di Barbiana). Solo grazie alla rigorosa indagine storiografica è possibile ripartire per accogliere la portata profetica dell’analisi di «Esperienze pastorali» e domandarci ancora oggi come evangelizzare nella fedeltà scomoda a Gesù.
Don Milani trovò la strada nella educazione scolastica diventata scuola di vita. Ma questo è solo l’aspetto emergente perché il suo libro – avvalorato poi dalla sua storia di prete – va ben oltre. E noi? La domanda ci brucia dentro pensando anche al percorso ecclesiale che stiamo compiendo verso il Convegno nazionale, per l’appunto, a Firenze nel 2015. Come ricuperare la dimensione profetica della storia di fede del nostro popolo di Dio in un itinerario di autentica riconciliazione e rendimento di grazie per convertirci e condividere un cammino di crescita comune? Tutto ciò provoca in noi la memoria grata del «genius loci» fiorentino in tutta la sua affascinante ed esigente complessità. Prendendo però sul serio il rimprovero del Signore: «Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Così voi testimoniate e approvate le opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite». (Lc 11,47).
Ringrazio don Giancarlo per questo ulteriore contributo dopo la pagina delle lettere nel numero del 4 maggio interamente dedicata alla «rivalutazione» del libro di don Lorenzo Milani «Esperienze pastorali». Parlo di «rivalutazione» perché mi sembra il termine più appropriato anche se poi, per sintesi giornalistica e comprensibilità, noi stessi, nel numero del 20 aprile scorso, abbiamo parlato di «riabilitazione», sia pure tra virgolette.
Sono d’accordo che bisogna ripartire dalla ricerca della verità, attraverso un’indagine rigorosa. E al proposito mi piace citare la recente iniziativa promossa dalla sezione toscana dell’Ucsi (Unione cattolica della stampa italiana), sabato 10 maggio, a Barbiana, per una giornata di riflessione sulla proposta di don Lorenzo Milani a proposito di «Scrivere bene, scrivere per tutti». Tra le tante intuizioni che don Milani ebbe nell’ambito dell’esperienza della Scuola di Barbiana, un posto particolare lo ebbe propria la sua attenzione alla lingua italiana e al buon uso della parola. Possedere la parola significava, a suo giudizio, conquistare l’autonomia intellettuale e quindi la libertà dalla schiavitù dell’ignoranza. La «Lettera a una professoressa» può essere in questo senso anche un manuale di giornalismo quando, ad esempio, suggerisce di «eliminare ogni parola che non serve» e «ogni parola che non usiamo parlando». Ma a parte questo, il gruppo dei giornalisti toscani ha avuto la possibilità di approfondire la figura di don Milani a partire dal suo essere prete e dall’amore per la Chiesa. La vicenda di «Esperienze pastorali» sembra aver fatto soffrire don Milani non tanto per la limitazione alla diffusione, alla ristampa e alla traduzione del libro, quanto per l’idea che se ne poteva ricavare di un autore, un prete, ai margini della Chiesa se non addirittura al di fuori.
Anche da questi pochi elementi si capisce quanto ancora ci sia da fare per capire e far capire appieno la figura e la portata profetica di don Lorenzo Milani. Il contributo fondamentale sta però arrivando dalla forza e dall’autorevolezza di Papa Francesco, al quale sicuramente si deve il passo in favore di «Esperienze pastorali». Ma non solo: sabato 10 maggio, durante la festa della scuola in Piazza San Pietro, ha voluto ricordare esplicitamente il priore di Barbiana definendolo un grande educatore («Ma se uno ha imparato a imparare, questo gli rimane per sempre», come insegnava «un grande educatore italiano, che era un prete: don Lorenzo Milani»).
Andrea Fagioli