La partecipazione dei bambini alla Messa della domenica

Gentile direttore, vivo in una parrocchia della periferia fiorentina e da qualche tempo noto una scarsa affluenza di bambini alla Messa domenicale.

L’altra domenica, parlando con una coppia regolarmente praticante, mi hanno confidato di non voler obbligare i loro bambini di 8-10 anni a partecipare alla Messa, perché lo ritengono controproducente.

Direi che questi ragionamenti sono in linea con certi «moderni» dettami psico-pedagogici secondo i quali i bambini devono fare quello che si sentono. Quindi se non vogliono andare a scuola restano a casa? E se non vogliono fare i compiti o lavarsi le mani li lasciamo fare? E se non vogliono venire a Messa li lasciamo a giocare con la «play station»?. Mi dispiace ma non sono d’acordo.

Alcune settimane fa Papa Francesco, parlando ai ragazzi di una parrocchia romana, pronunciò la famosa frase: «Se mi dici, non vado a Messa perché sono stanco, io ti rispondo: “Sei uno scemo”. Perché sei tu che perdi, se vai a Messa ricevi Gesù e sei più forte per lottare nella vita».

Quelle parole avranno scandalizzato qualche adulto bigotto, ma sono state ben comprese dai ragazzi. Io le ho apprezzate perché più o meno sono gli stessi ragionamenti che ho sempre fatto ai miei figli. E con soddisfazione devo dire che partecipano regolarmente alla Messa, anzi ne sono animatori assieme ad altri amici della parrocchia.

Se lo ritiene utile per i lettori di «Toscana Oggi» ne faccia l’uso che crede.

Alfio Bettin

La sua lettera è senz’altro utile, caro Bettin, perché ci permette di tornare su una questione sulla quale si discute molto e a volte non si hanno, purtroppo, opinioni e atteggiamenti condivisi. Per quanto mi riguarda, i bambini devono partecipare alla Messa quanto più è possibile, a qualunque età, anche piccolissimi, se consentono così ai genitori di parteciparvi a loro volta. Mi dà fastido (e lo dico perché a suo tempo è capitato anche a me) quando qualche sacerdote chiede che il bambino sia allontanato perché disturba la celebrazione o, peggio ancora, perché fa «concorrenza» al celebrante durante l’omelia.

Il caso che lei pone, caro Bettin, riguarda però i ragazzi più grandicelli. Anche in questo caso non avrei dubbi a far sì che partecipino regolarmente alla Messa e non solo quando ne hanno voglia.

A parte i «dettami psicopedagogici», che anch’io ovviamente non condivido, dico che in questo caso il discorso riguarda in prima battuta i genitori, sia nel senso generale che le regole ai figli vanno date, sia nel caso specifico della questione di cui si parla e per la quale devono essere loro a dare l’esempio. Ovvero alla Messa i genitori ci devono andare insieme ai figli. Non vanno accompagnati e poi lasciati lì, come molti fanno negli anni del catechismo. In seconda battuta, devono far capire, assieme a sacerdote e catechisti, che andare alla Messa non è un obbligo (l’assolvere a un precetto, che pure esiste), bensì una festa. L’andare alla Messa deve essere motivo di gioia perché è l’incontro con Gesù e con la comunità. È la Pasqua della settimana. Tutto deve partire da lì. Anche per questo dovremmo ribaltare il concetto della domenica come ultimo giorno della settimana. Per i cristiani è il primo e più importante: è il giorno del Signore durante il quale rigenerarsi spiritualmente e individuare le linee guida per gli altri sei. Ovvero quello che il Papa ha detto con le parole semplici da lei citate: «Se vai a Messa ricevi Gesù e sei più forte per lottare nella vita». Se non ci vai è peggio per te. Da qui l’affermazione «sei uno scemo», che credo proprio non debba scandalizzare nessuno. Se qualcuno si scandalizza peggio per lui, vuol dire che anche lui è uno di quelli di cui parla Francesco.

Ma sulla domenica si apre anche un’altra questione: l’aver tolto al giorno di festa ogni dignità, anche laica, di giorno di riposo dal lavoro, di giorno quantomeno dedicato agli affetti familiari.

Andrea Fagioli