La democrazia come le merendine?

Caro Direttore,nella conferenza stampa di fine anno il Presidente del Consiglio, rispondendo ad una domanda sul suo progetto di modifica della legge sulla par condicio, ha dato come motivazione più argomentata la seguente: se un’azienda, che abbia conquistato il 30% del mercato del proprio prodotto, non mantiene una analoga quota di pubblicità, rischia di perderne alcune quote. Non ho alcun dubbio che per vendere detersivi o merendine, la tecnica prospettata dal Presidente possa essere quella più efficace, quello che a me appare grottesco ed inaccettabile è il fatto che si considerino i partiti politici delle aziende e la democrazia, un prodotto.

Poiché sono sicuro che il pensiero espresso rappresenti il convincimento profondo del Presidente, penso che si imponga a tutto il mondo cattolico, gerarchia per prima, indipendentemente dallo schieramento in cui ciascuno milita o simpatizza, una riflessione attenta, tesa a trovare una convergenza trasversale (così come è avvenuto sulla legge che regola la fecondazione assistita), che impedisca il tentativo di trasformare la partecipazione responsabile delle persone alla vita comune, leggi autentica democrazia, ad un rito elettorale pesantemente condizionato dalla capacità persuasiva dei mezzi di informazione, controllati da pochi gruppi di potere.

L’attuale legge, che prevede la parità di tempo a disposizione dei partiti, indipendentemente dalla loro consistenza, nelle tribune elettorali e vieta, a ridosso delle elezioni, l’uso di spot pubblicitari, non è certamente perfetta e potrebbe essere migliorata, ma nella direzione opposta a quella prospettata (cioè la liberalizzazione senza vincoli degli spazi sui mezzi di comunicazione), per facilitare la partecipazione delle persone, sottraendole al ruolo passivo cui sono oggi sottoposte non avendo alcuna possibilità di inserirsi nei dibattiti per porre direttamente tante domande a cui il palazzo preferisce sfuggire.

La pretesa democraticità di applicare criteri proporzionali al peso politico di ciascun partito è ingannevole e per questo pericolosa, perché i programmi e le idee hanno tutti la stessa dignità e la preferenza accordata dai cittadini all’uno o all’altro non può che avvenire dopo un confronto ad armi pari; il mercato è uno strumento importante nella regolazione dei rapporti sociali ma come tale deve essere assoggettato all’azione politica che deve avere come fine, soprattutto per noi cristiani, la tutela e lo sviluppo integrale della persona secondo gli insegnamenti della Chiesa.Renato MasettiFirenze

Condivido in pieno le sue riflessioni: quell’uscita di Silvio Berlusconi durante la conferenza stampa fiume di fine anno (e anche su questo ci sarebbe da obiettare…) è stata davvero infelice! La legge sulla «par condicio» non è certo perfetta e può essere migliorata. Si può anche accettare il principio che nella competizione elettorale i partiti che in passato hanno raccolto più consensi abbiano maggiore visibilità. Ma delle regole devono esserci, non solo per evitare che la lievitazione delle spese elettorali favorisca nuovi episodi di corruzione e di finanziamento illecito, ma anche per garantire che il cittadino possa compiere una libera scelta di voto. Quando compro un detersivo o una merendina mi lascio condizionare – anche inconsapevolmente – dai messaggi pubblicitari, che non mi fanno scegliere il prodotto migliore, ma quello più reclamizzato. È proprio sicuro Silvio Berlusconi che anche per il voto debba funzionare così?