La «confusione mediatica» sul Congresso delle famiglie
Gentile direttore, il Congresso sulla famiglia tradizionale che si è svolto a Verona ha suscitato tenebrosi e teatrali riferimenti al Medioevo. Riferimenti piuttosto arbitrali, visto che c’è una «Età di mezzo» prettamente cristiana, portatrice di luce e cultura, accanto ad una «Età di mezzo» fatta di barbarie, sopraffazione e prepotenza. È, credo, quest’ultima che sembra essersi destata, proprio nei giorni scorsi, contro chi avesse il coraggio di opporsi al «pensiero dominante», specie in materia di famiglia naturale e al rispetto per la vita nascente. Ciò che sorprende, ma non troppo, è che la barbarie scatenatasi abbia tranquillamente potuto varcare anche la soglia di platinati studi televisivi, sotto forma di dileggi, invettive e toni sprezzanti con i refrattari alla colonizzazione ideologica. Ovviamente con il benedicente sorriso di schierati conduttori e schierate conduttrici di programmi. Ancora in materia di «accoglienza televisiva», colpisce il fatto della quasi continua presenza di «ospiti d’onore» quali Luxuria e Monica Cirinnà. Le quali rappresentano solo se stesse e il loro schieramento ideologico, non tutto il pubblico mediatico.
Alfio Bettin
Egregio direttore, in queste settimane, il congresso mondiale delle famiglie a Verona è stato oggetto di sovraesposizione mediatica in un clima generale di ostilità e denigrazione, francamente sorprendenti. Si è anche detto che una cosa era la sostanza, condivisibile, altra il metodo, non-condivisibile. Eppure il metodo è stato quello di un civile e appassionato dibattito sui valori fondanti la nostra civiltà: tutela della vita, protezione dei bambini, sostegno alla famiglia «originale, perché originaria», secondo una bella espressione del vescovo Zenti. Al di là di tante sterili polemiche e distinguo, perché non pubblica sul suo settimanale la dichiarazione finale del congresso, presentandola alla riflessione critica dei lettori? Sarebbe un buon servizio reso all’informazione, alla condivisione, al confronto e soprattutto alla verità.
Angela Lucentini
Era difficile, per chi ha seguito sulla stampa, televisioni e social i commenti precursori del XIII Congresso mondiale delle famiglie di Verona, non farsi venire dei dubbi che ci si potesse davvero aspettare qualcosa di negativo da questo convegno. Anche io, influenzata dai media, ero stata colta da qualche dubbio sulla sua reale connotazione e così ho deciso di parteciparvi per rendermi conto di persona di come questo congresso si sarebbe effettivamente svolto nella forma e nei contenuti oltre che per un forte interesse a conoscere tanti relatori stranieri a me sconosciuti. Avevo comunque già deciso di partecipare alla marcia conclusiva che giudicavo una manifestazione da sostenere. A congresso ultimato mi sono resa conto con rammarico di quanto fossero «fake» le «news» veicolate dai media sotto forma di denigrazioni a tutto campo: medioevalisti, oltranzisti, retrogradi, reazionari, fascisti, quelli che vogliono rinchiudere le donne in casa, e ancora gli sfigati, gli impresentabili e quelli che vogliono togliere i diritti acquisiti e così via. Non una parola su quello che è stato detto e dibattuto veramente nei tre giorni caratterizzati invece da comunicazioni, interventi, laboratori e work-shop, tutti di alto livello culturale, sociale e informativo. Abbiamo ascoltato la realizzazione di tante politiche a favore della famiglia già messe in atto da diversi paesi europei, a differenza del nostro, per favorire in primo luogo la natalità. Niente steccati, niente muri, niente fossati, niente contro, solo interventi a favore della famiglia fondata sul matrimonio uomo-donna, aperto alla generazione dei figli che possano dire mamma e papà. Tutto qui il grande scandalo! Invece di dare informazioni veritiere su quanto era stato detto e dibattuto a favore della famiglia le prime notizie apparse sui telegiornali sono state quelle di far veder un piccolo feto di gomma, (forse di cattivo gusto, tuttavia una verità vera che il pensiero unico del politicamente corretto vuole ignorare e fare ignorare) ma, personalmente, non ho mai visto in quei giorni di presenza al congresso nessuno di quei «bambolottini». La triste sensazione è che si sia voluto creare una cortina fumogena di confusione mediatica denigratoria al fine di non parlare dei problemi reali attinenti alla crisi della famiglia e della natalità che affliggono oltre misura il nostro paese.
Alla fine di tutto non restano che alcune amare riflessioni: è mai possibile che in questo paese non si possa ad esempio sostenere che una donna debba avere il diritto di scegliere fra la morte o la vita del proprio bambino magari con l’applicazione integrale della 194, o che un bambino non abbia diritto ad avere un padre e una madre o che i genitori non abbiano il diritto di educare i propri figli senza vederli indottrinati da teorie aberranti come quella del gender?
È un peccato che solo alcuni politici invitati abbiano partecipato ed è grave che all’interno di alcuni partiti non ci sia la libertà di esprimersi su questi temi etici che dovrebbero essere il fondamento di una società civile (vedi i casi Carla Padovani e Tiziana Drago!). Su un punto c’è stato, a dire il vero, un netto no ossia quello contro l’indegna pratica dell’utero in affitto, altro che dignità della donna! All’accusa poi rivolta al congresso che si volessero negare dei diritti si è risposto a gran voce che non si vuole negare diritti a nessuno ma solo riaffermarne altri totalmente dimenticati come appunto quello della donna di avere il diritto di essere aiutata a non abortire o di non essere licenziata se rimane incinta e, ancora, quelli dei bambini a cui quasi nessuno dei politicamente corretti pensa come ad esempio quello di poter avere un papà e una mamma, e non genitore 1 e genitore 2, e soprattutto, non ultimo, quello di poter nascere.
Daniela Dupuis
A distanza di appena due numeri torniamo in questa rubrica sul Congresso delle famiglie che si è svolto a Verona a fine marzo. A tornarci ci spingono le lettere e gli interventi arrivati a cui dedichiamo l’intera pagina per ospitarne almeno una parte. Come si vede, rivendicano tutti la bontà dell’iniziativa veronese. Da parte mia non posso che ribadire quanto scritto nel numero del 7 aprile, ovvero che non metto in discussione i contenuti del Congresso, ma i toni, sottolineando l’errore di portare la famiglia sul terreno dello scontro e della strumentalizzazione politica. Questo, purtroppo, è stato fatto e il denunciarlo non significa fare «sterili polemiche e distinguo», bensì invitare a non alimentare divisioni, ad allargare fossati in nome del nucleo fondamentale della nostra società che ha bisogno di attenzioni e sostegni concreti in base a progetti che potranno essere realizzati solo con la condivisione e il massimo consenso possibile. In questo i promotori del Congresso hanno dato l’impressione di non cercare il dialogo, preoccupati, come ha scritto Francesco Belletti (direttore del Centro internazionale di studi sulla famiglia) «di dire e non di “ascoltare”. Il che è la negazione della dimensione relazionale dell’essere umano, di quell’amore della differenza che sola consente a ognuno di noi di incontrare l’altro».
In quanto alla pubblicazione della Dichiarazione finale del Congresso non rientra certo nei compiti di un giornale come questo pubblicare documenti integrali, a meno che non si tratti di documenti ecclesiali ufficiali, che comunque il più delle volte pubblichiamo sul nostro sito internet e non sul cartaceo.
A parte questo, i tre scritti qui pubblicati aggiungono al dibattito un tema importante, quello della «confusione mediatica». È vero, sul Congresso non si è data un’informazione corretta. In molti casi ha prevalso l’ideologia. Ma questo è un discorso più generale, che non riguarda ad esempio solo i telegiornali, bensì la gran parte dei talk show e persino dei programmi d’intrattenimento dove vengono regolarmente cercati e ospitati personaggi come Vladimir Luxuria che coprono effettivamente tutti i generi televisivi portando avanti un’idea a senso unico all’insegna di quella che ormai sembra la definizione magica: i diritti civili.
Andrea Fagioli