La bomba a orologeria di un prete alla vigilia del Sinodo

Gentile direttore, quel prete polacco che ha pubblicamente annunciato di essere gay e di voler convivere con un compagno mi ha fatto pena.  Nessuno lo aveva obbligato a farsi prete e a prendere i voti. Le regole vanno rispettate, indipendentemente dalla propria inclinazione sessuale. Se non era più in grado di osservarle doveva chiedere la dispensa dal sacerdozio. Qualche commentatore ha ipotizzato che il suo clamoroso gesto sia stato studiato a tavolino, con il supporto delle lobby gay, per condizionare il Sinodo dei Vescovi. Lei cosa ne pensa?

Vedran Guerrini

Cosa ne penso, caro Guerrini? Penso che, prima di tutto, al di là dell’intervista a un quotidiano, non doveva fare assolutamente una conferenza stampa presentandosi con il compagno e scambiando con lui abbracci e carezze davanti alle telecamere. Sarebbe stato lo stesso se si fosse presentato con una donna. Per cui non si dica che siamo omofobi. La questione, in questo caso, non è se il prete è gay o è eterosessuale. La questione, come dice giustamente lei, Guerrini, è che il prete avesse una relazione che ha voluto ostentare attraverso la tv (dopo averla dichiarata alla stampa), che l’avesse in precedenza tenuta nascosta, che non avesse chiesto la riduzione allo stato laicale e avesse continuato a esercitare il suo ministero di sacerdote oltre che di membro, addirittura, della Congregazione per la dottrina della fede e docente di teologia. Che poi sia stata una bomba a orologeria (preparata da lui stesso o con altri) l’ha fatto intendere anche il direttore della Sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, affermando che «a proposito delle dichiarazioni e interviste rilasciate da monsignor Krzystof Charamsa si deve osservare che – nonostante il rispetto che meritano le vicende e le situazioni personali e le riflessioni su di esse –, la scelta di operare una manifestazione così clamorosa alla vigilia dell’apertura del Sinodo appare molto grave e non responsabile, poiché mira a sottoporre l’assemblea sinodale a una indebita pressione mediatica. Certamente – ha aggiunto padre Lombardi – monsignor Charamsa non potrà continuare a svolgere i compiti precedenti presso la Congregazione per la dottrina della fede e le università pontificie, mentre gli altri aspetti della sua situazione sono di competenza del suo Ordinario diocesano».

Non c’entra neppure la questione del celibato perché è una scelta che il prete fa liberamente. Se uno non se la sente di fare questa scelta, non c’è motivo che si faccia prete. Per vivere e annunciare il Vangelo si può tranquillamente essere laici (anche se tenuti ugualmente a un certo stile di vita). Altrimenti vuol dire che abbiamo un concetto clericale dell’essere cristiani. È ovvio che i preti sono indispensabili alla vita della Chiesa, ma non è certo il numero quello che conta. Un prete santo vale chissà quanti fasulli. E poi non riduciamo sempre e tutto al sesso. La vita del prete è difficile per tanti altri motivi. La si può accettare, io credo (e lo dico da laico), solo se si accoglie con fede e con gioia, sapendo che la via del Vangelo è comunque stretta, anche se vale una ricompensa grande.

Andrea Fagioli