Iraq, silenzio su un’iniziativa di pace

Caro Direttore,al ritorno dall’incontro con Bush, il nostro Presidente del Consiglio riconferma di condividere le sbagliate e sciagurate scelte del Presidente americano, che ci coinvolgono direttamente in questa illegale guerra in Iraq. Già alcuni giorni prima aveva dichiarato: «Se necessario possono sparare per primi», riferendosi ai nostri soldati «in missione di pace». Ormai non ci sono più dubbi, siamo in guerra e ci resteremo inviando rinforzi!La storia si ripete e anche questa volta siamo saliti sul carro del presunto vincitore, con la fretta di chi non vuol essere escluso da ben noti benefici. La libertà e la democrazia non si impongono ma si conquistano. Tempo fa, l’intuizione di La Pira, aiutato e incoraggiato da Fanfani, proponeva al popolo americano e a quello vietnamita di fare pace ben quattro anni prima! Quattro anni non sono niente, mentre sono moltissime le vite umane che subiscono morte e distruzione. Oggi vediamo indifferenza e non pubblicazione, della proposta per risolvere il conflitto in corso, da parte della «Cittadella della Pace». Una proposta concreta che coinvolge paesi euromediterranei e paesi estranei alla guerra. Una proposta consegnata al Papa e sistematicamente snobbata dai telegiornali, mezzi di informazione e politici (escluso Avvenire e Toscanaoggi).Giancarlo GuivizzaniFaella (Ar)

La nostra posizione sul conflitto in Iraq è stata sempre di grande chiarezza, ed è stata, per così dire, precisata anche ultimamente, proprio rispondendo alle obiezioni di un lettore (Toscanaoggi n. 20 del 30 maggio 2004). Si tratta ora, dopo tanti errori e orrori, di incoraggiare e sostenere da parte del nostro Governo quella svolta, «netta e evidente», che sembra concretizzarsi in un governo iracheno legittimato dall’Onu che riprenderebbe così un ruolo predominante e forse risolutivo. Ma nel contempo è importante che anche dal basso vengano sollecitazioni e proposte in grado di dar voce al sentire della gente comune. In quest’ottica assume grande valore l’iniziativa di «Rondine – Cittadella della pace». Nella sua lettera, caro Guivizzani, c’è un’osservazione che mi sembra opportuno riprendere e precisare. Non è del tutto esatto che «i mezzi di informazione – se si escludono Avvenire e Toscanaoggi – abbiano snobbato la proposta»; ma il pellegrinaggio alla Verna del 24 maggio, quell’andare raccolto e silente che ha visto insieme cristiani, ebrei e musulmani, proprio per il suo significato anche simbolico, meritava maggior rilievo: forse interessava meno perché non pesava politicamente né si prestava a interpretazioni di parte. E così anche molti cattolici ne hanno avuto una conoscenza limitata. Si tocca qui un nodo delicato e dolente. Bisogna infatti riconoscere che i nostri giornali incontrano nel nostro mondo scarsa accoglienza, quando addirittura non se ne ignora l’esistenza o si snobbano come stampa inferiore. È un pregiudizio che viene da lontano e che determina il paradosso che molto spesso i cattolici si informano, anche per quel che attiene alla vita della Chiesa, esclusivamente attraverso giornali laici, quando non apertamente laicisti. Un informarsi che spesso determina un mentalizzarsi. Non è un discorso di bottega. È che si riduce la possibilità di capire e di giudicare ma anche di incidere ed essere presenti.