Internet, la rivoluzione del ventesimo secolo
Caro direttore, non mancano i saggi sul nuovo mondo on line. Alcuni destinati a lasciare il segno. «È veramente in corso la grande mutazione antropologica?». «Esistono i “nativi digitali”?». Leggiamo questi interrogativi in un saggio di un autore francese il quale osserva la Rete, bene comune e territorio selvaggio, rilevando che «il nuovo modo di conoscere ha appena iniziato a esserci più chiaro; e anche se non possiamo ancora stabilirne la forma definitiva, alcuni aspetti iniziano a delinearsi. La conoscenza messa in rete è meno certa ma più umana. Meno definita ma più trasparente. Meno logica ma molto più ricca. Meno affidabile ma più inclusiva». Dopo l’invenzione della scrittura, della bussola, della polvere da sparo, della stampa ed altro, il cervello umano, straordinariamente plastico, dispone ora di un «magazzino digitale infinito» per la conoscenza e la ricerca.
Internet è la vera rivoluzione del ventesimo secolo. Non c’è dubbio. Pari senz’altro ad alcune delle scoperte elencate nella lettera. Sicuramente al pari dell’invenzione della stampa a caratteri mobili nell’ormai lontano 1400. Il web è giovane: ha compiuto 25 anni il 12 marzo scorso. Un quarto di secolo che ha cambiato la nostra vita. È innegabile. Anche se l’ha cambiata nel bene e nel male. Come tutte le grandi scoperte (si pensi alla rammentata polvere da sparo) sono neutre. Tutto dipende dall’uso che se ne fa. Così è per internet, grande mezzo di comunicazione e di conoscenza, ma anche di esclusione e persino di perversione. Le distanze spazio-temporali sono abolite. Il sapere umano è concentrato e può essere alla portata di tutti, sempre che tutti vi possano accedere. E poi c’è il problema dell’attendibilità: in rete può finire tutto e il contrario di tutto, senza controllo. Per non parlare del contraccolpo all’intero mondo dell’informazione ed in particolare ai giornali di carta. Tutti sono diventati potenzialmente fornitori di notizie in tempo reale. Ma il dato positivo di internet prevale senz’altro.
Ne è convinto anche il Papa e ce lo spiega bene nel Messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali, in programma il 1° giugno prossimo, partendo dal presupposto che la rete può offrire un’opportunità anche alla diffusione del Vangelo. «Non basta però – scrive Francesco – passare lungo le “strade” digitali, cioè semplicemente essere connessi: occorre che la connessione sia accompagnata dall’incontro vero. Non possiamo vivere da soli, rinchiusi in noi stessi. Abbiamo bisogno di amare ed essere amati. Abbiamo bisogno di tenerezza. (…). La rete digitale può essere un luogo ricco di umanità, non una rete di fili ma di persone umane. (…). La testimonianza cristiana, grazie alla rete, può raggiungere le periferie esistenziali. Lo ripeto spesso: tra una Chiesa accidentata che esce per strada, e una Chiesa ammalata di autoreferenzialità, non ho dubbi nel preferire la prima. E le strade sono quelle del mondo dove la gente vive, dove è raggiungibile effettivamente e affettivamente. Tra queste strade ci sono anche quelle digitali, affollate di umanità, spesso ferita: uomini e donne che cercano una salvezza o una speranza. Anche grazie alla rete il messaggio cristiano può viaggiare “fino ai confini della terra”».
Andrea Fagioli