Il «sogno» di potere eleggere direttamente i vescovi
Caro direttore, qualche notte fa ho fatto un sogno. Anzi, per l’esattezza… mi ricordo di aver fatto un sogno. Raramente mi accade di ricordare quello che ho sognato; e questa è una di quelle poche volte.
Perché glielo racconto? Perché è un sogno che coinvolge la Chiesa, la mia Chiesa, quella di Siena. Eccolo. Mi sono trovato in una folla di gente che confluiva da ogni parte della città con cartelli che indicavano le varie provenienze, come è accaduto all’apertura dell’Anno della dede nel 2012. L’Arcivescovo, dimissionario per raggiunti limiti di età, aveva convocato in Cattedrale la Chiesa dell’Arcidiocesi «per una questione molto importante» ma non esplicitata.
Queste nutrite file di cattolici provenienti da diverse foranie (ora, in città, ce n’è una sola, ma si vede che il mio subconscio non ne aveva ancora preso nota) confluivano alla Croce del Travaglio e si avviavano su per la salita di via di Città verso i quattro Cantoni dove altri affluenti si univano al lungo fiume di gente per piegare poi in direzione della Cattedrale. Non era una processione, nessuno guidava una preghiera, anzi quasi tutti chiaccheravano tra sé… ma si fa anche nelle processioni, in verità. Poi si entrava in Duomo, si prendeva posto e, piano piano, si faceva il silenzio.
Don Franco, il sacrista della Cattedrale, andava al microfono del leggio, invitava a invocare lo Spirito Santo e, senza spiegare i motivi della convocata assemblea, dava la parola ad un vescovo di cui non ricordo il nome, presentandolo come incaricato del Nunzio apostolico. Questi, in breve, proclamava di aver ricevuto questo incarico: proporre alla Chiesa di Siena una procedura ad experimentum autorizzata dall’alto, per indicare tra i suoi presbiteri un successore del Vescovo dimissionario. Spiegò che una Chiesa particolare deve annoverare tra i suoi preti un soggetto che abbia caratteristiche utili a far bene il Vescovo, guai se ne fosse priva; e la Chiesa di Siena era quindi chiamata ad esprimere mediante una consultazione popolare (non disse democratica) un nominativo fra i suoi preti da sottoporre al Papa per la nomina.
Fra le varie motivazioni che inducevano quella sperimentazione, citò, in aggiunta al gradimento del popolo di Dio nel caso che il Pontefice avesse accettato il responso del voto, quanto poteva caratterizzare positivamente la transizione: la garanzia che il nuovo pastore avrebbe avuto conoscenza previa della diocesi, dei suoi problemi, del suo clero, delle caratteristiche del popolo di Dio che avrebbe dovuto pascere e, sottolineò con un sorriso, delle ritualità non liturgiche del suo territorio… A questo scopo, tutti i convenuti, prima di uscire dalla Cattedrale, avrebbero potuto indicare in una scheda il nome di quello che per loro sarebbe stato un candidato idoneo. Aggiunse anche che chi non intendeva partecipare alla consultazione sarebbe dovuto uscire senza, però, rientrare prima della conclusione del voto.
Così fu fatto. In un paio d’ore le operazioni furono portate a termine. Non so come il sogno è andato a finire, come al solito ci si risveglia sul più bello… I sogni, si sa, sono sempre un po’ strani e inosservanti delle regole, però, chissà. Staremo a vedere. Ma mi son rimaste impresse le parole del vescovo romano che parlò nel sogno: «Guai se una Chiesa fosse priva di candidati idonei a presiederla».
Carissimo diacono Andrea, apprezzo la forma letteraria del sogno e ancor più il concetto espresso dall’ipotetico vescovo romano: «Guai se una Chiesa fosse priva di candidati idonei a presiederla». Ma in questo sarei ottimista. Io credo infatti che in tutte le diocesi si possano trovare sacerdoti all’altezza di guidare la propria Chiesa locale o un’altra. Se poi questo debba avvenire per elezione diretta è un altro discorso che lascio volentieri al suo sogno.
Personalmente non credo che per la Chiesa possa valere il principio della democrazia diretta tanto in voga ai nostri giorni. Del resto, come diceva un gesuita di mia conoscenza, un po’ per scherzo e un po’ sul serio, la Chiesa è una monarchia democratica o se si vuole una democrazia monarchica. Insomma, ha le sue regole e le sue gerarchie. Un credente deve poi tener conto del ruolo determinante di una Persona, per l’esattezza la terza della Trinità: lo Spirito Santo. Con l’elezione diretta dei vescovi il suo apporto potrebbe passare in secondo piano. A parte gli scherzi, ai vescovi non dobbiamo guardare con simpatia o antipatia sperando di poter eleggere colui che più ci aggrada. Dobbiamo guardare a quello che realmente sono, ovvero i successori degli apostoli. E la Chiesa si fonda proprio sugli apostoli. Lo ribadiamo ogni domenica nella Professione di fede: «Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica».
Andrea Fagioli