Il ruolo della scuola nella crescita di un popolo

Caro Andrea, permettimi di raccontare una storia familiare che tuttavia potrebbe accadere anche ad altri, purtroppo. Quest’anno, nonostante il marito di una precaria sia a Palazzo Chigi, le cose non vanno meglio nella scuola. Mia moglie, insegnante di diritto, ha avuto l’incarico solo il 1° ottobre, a 40 km da casa e fino al 15 febbraio 2015. Poi si vedrà. Niente da dire, è lavoro, ma c’è un particolare in più: lo stipendio è arrivato dopo 47 giorni, venti oltre la scadenza normale e per qualche guaio informatico della busta paga non si vede ancora il contenuto.

Una volta un giornalista dell’Est mi raccontò che teneva in tasca una zolletta di zucchero perché se lo arrestavano sarebbe passato almeno un giorno prima che le cucine del carcere sapessero della sua presenza. Se gli davano un incarico nella scuola italiana in 47 giorni avrebbe avuto bisogno di circa due etti di zucchero per stare in piedi. Ma ce l’avrebbe fatta?

Luigi CobisiFirenze

Caro Luigi, il giornalista dell’Est dubito che ce l’avrebbe fatta: con due etti di zucchero si va poco lontano. A parte gli scherzi, questa «piccola» storia familiare la dice lunga su quanto ci sia ancora da fare perché la scuola diventi, come ha detto nei giorni scorsi l’Uciim (Unione cattolica italiana di insegnanti, dirigenti, educatori e formatori), «il fulcro dello sviluppo sociale, economico, spirituale, culturale e valoriale della società» e «lo può essere solo se si hanno idee e progetti, se si stanziano investimenti mirati, se si agisce con passione e professionalità». In questo momento storico la scuola ha un ruolo determinante per superare una crisi che poche volte si è vista nella storia contemporanea. La scuola va quindi valorizzata con idee e progetti, ma anche con investimenti.

Il Governo, con la Legge di stabilità, ha stanziato fondi importanti per l’assunzione di quasi 150mila docenti precari, ma al tempo stesso ha ridotto i fondi per le attività autonome. Lo hanno fatto notare in tanti, anche tra le associazioni cattoliche che hanno risposto alla consultazione pubblica proposta dal Governo sul documento «La buona scuola».

Bisogna dire che Renzi era partito bene su questo fronte annunciando la priorità della scuola nell’agenda del nuovo Governo. E non penso l’avesse fatto solo perché marito di una precaria. Un’attenzione che almeno sulla carta è rimasta alta con ripetute visite alle scuole da parte del ministro titolare Stefania Giannini, ma anche degli altri ministri, come ad esempio Maria Elena Boschi. Adesso, stando almeno al tuo racconto, caro Luigi, le cose non andrebbero come annunciato. Forse è presto per poter esprimere un giudizio sull’operato del Governo Renzi per quanto riguarda la scuola, tenendo anche conto della complessità della macchina della pubblica istruzione e degli appesantimenti raccolti nel tempo. Certo è che l’attenzione sulla scuola dobbiamo continuare ad averla tutti proprio per il ruolo fondamentale che le attribuiamo nella crescita di un popolo soprattutto in un momento di crisi come questo. Una crisi non solo economica, ma anche di educazione, di ideali e di valori.

Andrea Fagioli