Il momento politico riaccende il dibattito tra i lettori
Egregio direttore, come era prevedibile la vittoria del «no» al referendum costituzionale ha determinato, al momento, una crisi istituzionale «al buio», dato che il confronto di merito sui contenuti della riforma è stato sovrastato e si è sovrapposto lo scontro politico sul governo in carica. La durezza della battaglia politica, alimentata anche dai media, ha suscitato una sorta di impulsi e sentimenti negativi in ogni aspetto della vita politica, con dileggi e persino offese rivolte ai vari rappresentanti e sostenitori dei due schieramenti. Si è assistito a prese di posizioni ideologiche da parte di movimenti e di associazioni, specie da chi stava con il «no». In una delle ultime sedute del Consiglio comunale di Sesto Fiorentino, la maggioranza, «Sinistra italiana e Per Sesto» che ha eletto al ballottaggio, lo scorso giugno, l’attuale sindaco, ha presentato e votato un ordine del giorno a sostegno del «no» al referendum, ritenendo di interpretare e far valere il consenso della popolazione sestese che invece si è espressa al 58 per cento per il «sì», ribaltando quanto si era accreditata politicamente la formazione che guida la città e sconfessandone, quindi, l’intento. Da parte di tutte le opposizioni e della minoranza del Pd, si è cercato di attribuire al governo le cause e gli effetti della crisi sociale del paese, della subordinazione alle politiche economiche di Bruxelles, dei problemi connessi all’immigrazione, nonostante l’impegno – come si conviene ad un governo di centrosinistra – di coniugare sicurezza, solidarietà e integrazione. A mio parere il presidente del consiglio, Matteo Renzi, si è speso invano con il massimo sforzo e convincimento possibile per contrastare e rovesciare questi giudizi, attraverso un messaggio nuovo e coinvolgente, ispirato a far prevale la fiducia sulla diffidenza, la speranza sul pessimismo, la voglia di intraprendere e di «osare» sull’inerzia e sul timore. Fanno fede la realizzazione e l’attuazione di interventi e riforme sociali, economiche e civili, compreso il tentativo, fallito, di quella costituzionale. Mi pare che dalla vicenda referendaria scaturisca un lungo «cono d’ombra» senza intravedere attualmente una luce che rischiari.
Mi ha meravigliato e non poco l’accanimento, l’ansia, l’angoscia con le quali il Premier ha tentato tutte le vie e i modi, corretti e scorretti, per vincere con il «sì» il referendum. Referendum che doveva essere solo propositivo e dunque privo di effetti politici come invece il suo comportamento ha sempre lasciato intendere. Quel suo incauto proporre, anzi no, esigere che il popolo votasse «sì» per fargli piacere, non ha convinto. Ha sempre nascosto qualche cosa che nemmeno i numerosi convegni e tavole rotonde sui motivi del «sì» e del «no» sono riuscite a chiarire. Forse di quella poltrona così «faticosamente» conquistata si era invaghito. E così pure la Boschi che si è lasciata prendere troppo spesso dalla voglia di condizionare le domande dei giornalisti e per farlo non ha usato la pacatezza insita in quella che era la sua posizione.
Dato che l’Italicum è stato bocciato dal Parlamento, ora sarebbe opportuno fare subito una nuova legge elettorale che risponda alle esigenze di rappresentanza e governabilità e non alle aspettative di vittoria di questo e dell’altro schieramento. Personalmente gradirei una legge proporzionale con sbarramenti e premi di maggioranza di coalizione. In ogni caso la cosa più importante sarebbe una legge chiara, che non incorra negli strali della Corte costituzionale e che consenta agli elettori di scegliere chi ci deve governare. Dopo l’esito del referendum credo che sia questa la cosa più importante.
Mario Pulimanti
Dopo il gioco al massacro della politica che ha diviso in due l’Italia con il referendum, è tempo di unità e di concretezza. Abbiamo perso sette mesi dietro la consultazione popolare che ci ha fatto perdere di vista il fatto che quasi venti milioni di Italiani sono poverissimi e di cui cinque milioni sono allo stremo con anziani indigenti e bimbi piccoli, malati, descolarizzati. Tutto questo perché si è badato alla sola finanza e non all’economia reale. L’Europa è una macchina tronfia, costosa, utile solo a se stessa che ci prende 20 miliardi l’anno mentre il popolo è allo stremo. L’euro è stata un imbecillità assoluta poiché è nato ancor prima di avere una unione europea politica. Questa moneta è artificiale e durerà poco creando disastri se non si riprende tutto in mano nel fare una federazione europea a tutto tondo ove si debelli la povertà assoluta poiché la ricchezza esiste, ma è concentrata in pochi punti. Per debellare la povertà occorre il lavoro e non la sola finanza speculativa. A questo punto l’episcopato italiano,di concerto con gli altri episcopati europei, disegni un piano politico-sociale da proporre agli stati per equalizzare un po’ le situazioni di occupazione, casa, scuola, salute, pace sociale. Non che la Chiesa si sostituisca ai politici ma li indirizzi con insistente carità. Mi pare che in Europa si sia perso di vista l’uomo perché si è perso di vista il Signore e la sua santa «Buona Notizia» per i poveri cui va annunciata sempre più.
Caro direttore, come sappiamo, negli Atti degli Apostoli (Parola del Signore) si narra la vita della Chiesa della primissima ora, i cui membri avevano visto Gesù, parlato e mangiato con Lui, con Lui entrando in intimità. Il quinto capitolo racconta il triste imbroglio tentato da Anania e da sua moglie Saffira che, venduto un loro podere, non versano l’intero ricavato nelle «casse comuni» della Chiesa, ma ne trattengono per sé, di nascosto, una parte. E avevano visto Gesù, parlato e mangiato con Lui. Se Anania e Saffira non sono stati capaci di una condotta onesta, come pretendono i Cinque Stelle di potere essere «incorruttibili!»? Perché hanno visto Grillo e Casaleggio? Perché hanno parlato e mangiato con loro?
Francesco Giannoni
Pubblichiamo alcune lettere sull’esito del referendum costituzionale e sull’attuale momento politico. Altre lettere, per ragioni di spazio e per non monopolizzare interamente quel poco che abbiamo, le rimandiamo al prossimo numero. Come ben sapete, con l’avvento dei social network, dove ognuno esprime liberamente (a volte anche troppo) le proprie idee e le proprie opinioni, si è un po’ persa l’abitudine di scrivere ai giornali. Però su certi argomenti si verifica un ritorno di interesse, una voglia di discutere anche attraverso queste pagine. È di per sé un dato positivo, anche se mette in luce, come in questo caso, una sostanziale spaccatura tra i nostri lettori, che riteniamo possa rappresentare quella dell’intero mondo cattolico. Insomma, come si legge in una delle lettere, il referendum ha davvero diviso il Paese e, per quanto ci riguarda, come detto, anche i cattolici, che già erano divisi sull’operato complessivo di Matteo Renzi come presidente del Consiglio. Le opinioni ovviamente sono libere. L’importante sarebbe non farsi condizionare dal clima di conflittualità alimentato dalla stessa politica troppe volte ridotta a tifo se non addirittura a rissa.
Andrea Fagioli