Il «divorzio breve» non tiene conto della sovranità popolare

Caro direttore, il Parlamento ha appena deciso una riforma dell’ordinamento del matrimonio e della famiglia a dir pochissimo discutibile, che Luciano Moia (sull’ «Avvenire» di giovedì 23 aprile) ha giustamente definito «un inutile traguardo». E questo è stato fatto, non alla fine d’un lungo ragionamento alla luce del sole in cui le diverse opinioni si fossero potute confrontare coinvolgendo davvero quel Popolo del quale la nostra Costituzione riconosce la «sovranità»; ma arrivando alla svelta dove in alto loco s’era già deciso d’arrivare.

E che sia andata proprio così lo conferma il fatto che, sùbito dopo, il presidente del Consiglio dei ministri s’è affrettato a proclamare che «il divorzio breve è legge»; che «un altro impegno è mantenuto»; e, soprattutto, «avanti è la volta buona».

Credo che un ottimismo così «riduttivo» sia per lo meno imprudente; e che il Popolo – proprio perché è lui il Sovrano – abbia il diritto d’esser informato per filo e per segno di tutto quello che è successo; e di quello che succederà in grazia di questa «riforma» che sta per esser promulgata.

E penso anche che a organi di stampa come «Toscana Oggi» spetti il còmpito irrinunciabile di informare ed aiutare il Popolo a esercitare – sempre, fino in fondo e a ragion veduta – la propria naturale sovranità garantita dall’art. 1 della Costituzione.

Umberto Santarelli

Caro Umberto, grazie per la tua sollecitazione ad esercitare il compito di «informare e aiutare» i lettori. Come ben sai, anche perché tu sei dei nostri, ci proviamo. Per questo, proprio sul tema che ci proponi all’attenzione, sul numero scorso abbiamo pubblicato un editoriale nel quale si analizzava l’approvazione del «divorzio breve» in relazione alla cosiddetta «società liquida» nella quale ormai viviamo. Dell’editoriale ovviamente non potevi sapere perché la tua lettera è arrivata prima che uscisse il giornale. Ciò non toglie che le tue riflessioni si aggiungano e completino comunque quelle dell’editoriale.

Ad entrambe le riflessioni vorrei aggiungere una cosa che mi ha colpito: la trasversalità del voto e la rapidità con cui ci si è arrivati. In un Parlamento dove si littiga su tutto fino agli insulti, dove non si trova l’accordo su nulla o quasi, ecco che sul «divorzio breve» si registra un ampio e rapido consenso. L’aula della Camera ha approvato in seconda lettura e in via definitiva il disegno di legge con 398 voti favorevoli, soltanto 28 contrari e 6 astenuti. A votare a favore insieme alla maggioranza sono stati anche Forza Italia (che ha dichiartao di aver lasciato libertà di scelta ai singoli deputati), Sel, Alternativa libera e Movimento 5 stelle. La Lega Nord, che si è invece dichiarata contraria, ha lasciato libertà di coscienza. In precedenza il Senato aveva approvato la proposta con 228 voti favorevoli, 11 contrari e 11 astenuti. Persino il Movimento 5 stelle questa volta non ha avuto niente da dire. Di contro non ci entusiasma certo l’ingombrante compagnia della Lega in questa opposizione al «divorzio breve».

Andrea Fagioli