I cattolici e l’appello dei vescovi toscani contro la guerra

Vescovi toscani, preghiera e baccanoCaro Direttore,ho letto su Toscana Oggi la presa di posizione dei vescovi toscani sulla guerra. Meno male che sono vostro abbonato, altrimenti non ne avrei avuta notizia. La parrocchia nella quale ho partecipato alla Messa, a quanto pare, non ha ritenuto di seguire l’invito, contenuto nel documento, di darne lettura. Poiché le parole dei nostri pastori ci interpellano personalmente, non posso sottrarmi dall’esprimere un giudizio rispettoso, ma anche non privo di perplessità.Mi è sembrata grande la sproporzione fra la solennità dei fini dichiarati e la modestia dei mezzi indicati per il raggiungimento. Un po’ di preghiera e un po’ di baccano pare essere la ricetta proposta. Un pochino sopra alle righe ritengo la stroncatura, neanche tanto velata, dell’Onu. Qualche vescovo vuole proporsi per il Palazzo di vetro?La «Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica» recentemente promulgata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e autorevolmente firmata dal Papa, riguardo alla pace si esprime così: «una visione irenica e ideologica tende, a volte, a secolarizzare il valore della pace mentre, in altri casi, si cede a un sommario giudizio etico dimenticando la complessità delle ragioni in questione». Nel documento dei vescovi non colgo la complessità richiamata, che dovrebbe indurre a grande cautela nell’indicare soluzioni che presentano, quali che esse siano, punti deboli, ambiguità e contraddizioni: specchio fedele della travagliata vita dell’uomo su questa terra.Peraltro, forse contro le loro stesse intenzioni, per la diffusione dell’appello si è scelto una data non molto felice. È stata in parte oscurata la giornata dalla vita, utile a sviluppare riflessioni e tematiche (difesa della vita, famiglia, educazione) ben più cogenti, per i poveri diavoli come me, di un anelito per la pace nobile ma con un difetto. Induce maledettamente a battere il proprio pugno sul petto degli altri (Bush o Saddam, Blair o Chirac, Berlusconi o Rutelli) più che a scavare nel proprio torpore.Roberto CorsiScandicci (Fi) Iraq, una soluzione laicaCaro Direttore, mi riferisco all’appello per la pace dei vescovi toscani del quale condivido solo parzialmente il contenuto. Lo dico con dispiacere, da cristiano. Ecco, schematicamente, i motivi. Abbiamo un dittatore oppressore e assassino del suo popolo, nonché recidivo aggressore di altri popoli. È verosimilmente in possesso di armi potentissime quanto insidiose e facili da occultare, chimiche o batteriologiche. La sua pericolosità aumenterà quando, se rimarrà al potere, l’Onu dovrà stilare con lui un accordo di pace, cioè di fine belligeranza, perché sarà ancora meno controllabile. La situazione contingente può essere affrontata in tre modi, laico, religioso e pacifista.Il modo laico, quello dei governi, è di esercitare pressione fino al suo accertato disarmo. Tutti sanno che gli ispettori non potranno mai garantirlo. I governi hanno il dovere di proteggere i loro popoli anche con attività preventiva non dimenticando «si vis pacem para bellum». Ricordiamoci che anche le omissioni sono una colpa. Il nostro governo sta agendo bene e gli appelli a lui rivolti dai nostri pastori mi sembrano fuori luogo e contraddittori: mentre auspicano la pace fomentano confusione e divisione fra gli italiani.Il modo religioso, il nostro, si rifà al grande magistero della Chiesa. Non mi sembra che in questo appello dei pastori toscani ci sia, a meditarlo bene, un grande magistero ma, piuttosto, fatti salvi gli inviti alla meditazione ed alla preghiera, le solite tirate populiste e fuori luogo in quanto tutti le condividono in principio e i governi, compreso il nostro, cercano di attuarle. Con scarso successo, purtroppo, ma questo è un altro discorso.

La modalità pacifista, che si riempe la bocca di buoni propositi, grandi principi, giustizia, libertà, e via dicendo al di fuori di imponenti manifestazioni e fiaccolate durante le quali chiede, chiede, chiede che altri facciano qualcosa, loro, i manifestanti, che fanno? Cosa propongono per realizzare la tanto e da tutti agognata pace? Fanno il gioco di chi predicando diritti, giustizia ecc. una volta raggiunto qualsivoglia di potere si guarderanno bene poi dal concretizzarli? Ma la storia non insegna nulla? Mai sentito dire poi che questi eroici pacifisti vadano invece in Iraq a manifestare la loro indignazione per quel regime, a dire in loco quel che pensano di Saddam come fanno per Bush o Berlusconi, anzi qualcuno ci va «pro Saddam» a fare lo scudo umano! Che stoltezza!

Concludo con l’amarezza di non poter condividere il contenuto dell’appello, tranne ovviamente l’aspetto più propriamente ecclesiale, ritenendolo in parte inopportuno, in parte impreciso e inconcludente.Franco Signorinisignorini.f@inwind.it Ricerca della pace, cattolici in prima filaCaro Direttore,il messaggio dei vescovi toscani sulla pace e sulla necessità di evitare un conflitto armato che costerebbe migliaia di vittime anche tra la popolazione civile è un documento di alto profilo e di grande tensione morale.In questo momento drammatico il mondo cattolico deve essere in prima fila per sostenere le ragioni della pace: la lotta al terrorismo è un imperativo di tutto il consorzio civile ma questo non può coinvolgere un intero popolo; tanto più che ciò non servirebbe a debellare le radici del terrorismo o le armi di distruzione di massa. In ogni caso l’Onu può autorizzare un’azione di polizia internazionale che dovrebbe essere condotta da forze armate di più paesi: polizia internazionale dell’Onu, appunto, non spedizione punitiva di Bush.Gabriele Parentirapprsentante toscano nella Direzione nazionale delle Acli Di fronte ai pericoli di una guerra che sembra imminente e che avrebbe conseguenze e costi altissimi per tutti, i Vescovi della Toscana «in comunione col Magistero del Papa» (e come del resto hanno fatto, anche se in forme diverse, le conferenze episcopali di tutto il mondo, Stati Uniti compresi) hanno indirizzato il 28 gennaio un messaggio che nasce da una consapevolezza condivisa: la guerra è sempre un male e per questo non bisogna mai rassegnarsi a considerarla inevitabile. L’impegno a perseguire la pace è dunque per tutti obbligante. Il messaggio si indirizzava «a tutte le comunità ecclesiali e a ogni cristiano», diversamente dalla recente Nota dottrinale della Congregazione per la dottrina della fede che si rivolge ai cattolici impegnati nella vita politica, e che ha quindi un approccio diverso ai problemi.I Vescovi della Toscana esprimono prima di tutto «un chiaro, preoccupato e deciso no alla guerra», chiedono «al Parlamento e al Governo di confrontarsi con responsabilità e coraggio con gli accorati appelli del Papa volti a promuovere il dialogo, la mediazione e la riconciliazione tra le parti in conflitto». Si rivolgono infine ai cristiani e li invitano «a coltivare e diffondere pensieri e gesti di pace» evidenziando il valore che in questi momenti hanno la preghiera, il digiuno, la conversione, li invitano anche «a manifestare (cioè a far conoscere) ai membri del Parlamento il profondo desiderio di pace «che è largamente diffuso tra la gente».Questo filo conduttore, questa lucida analisi, questo pressante invito non sono colti da Roberto Corsi e da Franco Signorini, anzi liquidati con un atteggiamento irrisorio, che meraviglia, anche perché non si addice alla drammaticità del momento. Nel documento c’è ben altro che «un po’ di preghiera e un po’ di baccano» oppure «le solite tirate populiste e fuori luogo». E si ha la dolorosa impressione che sia stato letto e valutato solo in base ad appartenenze politiche che sono diventate, anche per tanti cattolici, totalizzanti.Un fermo no alla guerra all’Iraq. Il documento dei evscovi toscaniVai al Forum sulla guerra in IraqVai al sondaggio