Famiglie in coda, ministri e presidenti al «Gay pride»
In aeroporto, l’altra mattina, le hostess Alitalia chiamano il volo, e all’altoparlante, con la velocità tipica dell’abitudine, ricordano come al solito che «Imbarchiamo per primi i soci “Club FrecciaAlata”, Ulisse, ecc., e le famiglie con bambini». Mi ha sempre colpito la segnalazione di questa attenzione alle «famiglie con bambini», in questo Paese che così poco fa per le nuove generazioni. Mi incammino, e vedo davanti a me una mamma con due bambini di circa 10 anni, diligentemente in coda, dietro a tanti uomini in giacca e cravatta e donne in tailleur. Le dico: «Signora, vada davanti, c’è la priorità famiglie con bambini». Lei mi guarda sorridendo, e dice: «Lo so, ma non vorrei disturbare!».
Forse era solo una battuta, ma mi ha aperto un mondo. Mai immagine è stata più capace di raccontare una storia: in Italia, le famiglie per prime hanno paura di disturbare, e non riescono nemmeno più a godere di quei «piccoli grandi diritti» che pure qualcuno offre loro. Questa madre gestisce tranquillamente i suoi due bambini, gli fa sopportare pazientemente la coda, educandoli così al bene comune, perché non è proprio abituata ad una società «a misura di famiglia». Quanto stride il confronto tra il comportamento discreto di questa madre e le chiassose pretese dei vari Gay pride, grandi baracconi, che rappresentano con aggressività le libere scelte di pochi, e che sempre più attirano l’attenzione e il sostegno dei media.
È vero che fa più rumore l’albero che cade della foresta che cresce, peccato, però, che ai Gay pride partecipino anche importanti esponenti della politica, del governo e delle istituzioni. Un ministro e il presidente della Camera sono certamente di richiamo per le telecamere ma diffondono anche l’idea che la precarietà delle relazioni affettive è promossa dalle pubbliche istituzioni come bene comune, laddove non solo il dovere ma l’interesse dello Stato sarebbe quello di promuovere e sostenere le famiglie disegnate dalla Costituzione, fucina dei nuovi cittadini, e radice solida dell’economia nazionale.
Accogliamo volentieri questa riflessione del presidente del Forum delle associazioni familiari. Lo abbiamo detto più volte anche da queste colonne: il nostro non è un paese per famiglie, soprattutto per quelle più numerose. Lo stiamo ribadendo in queste settimane con l’inchiesta sul costo dei figli di cui nella pagina qui accanto pubblichiamo la seconda puntata. Purtroppo, però, le attuali attenzioni politiche, almeno in certi casi, sembrano andare ancora in un’altra direzione. Mi riferisco, ovviamente, proprio all’annuncio della presidente della Camera, Laura Boldrini, e del ministro delle Pari opportunità, Josefa Idem, che saranno al «Gay pride» in programma in questi giorni a Palermo. «È necessario – ha dichiarato il ministro Idem – un forte impegno nazionale e europeo per garantire parità di trattamento e dignità delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali». Da parte nostra vorremmo che un impegno simile, a livello «nazionale e europeo», appunto, fosse rivolto anche verso la famiglia con serie politiche familiari.
Andrea Fagioli