Europa, chiese chiuse contro il Preambolo

Caro Direttore,desidero esprimere una mia personale opinione riguardo una questione che molto sta a cuore, sia al Santo Padre sia all’intera comunità cristiana, ovvero il riferimento alle radici cristiane quale elemento e principio costruttivo del comune spirito europeo, nel preambolo della bozza della prossima Costituzione. Vado immediatamente al dunque: può l’anticlericalismo mascherarsi di laicismo? È possibile, inoltre, che vi sia un oscuro interesse, dovuto ad infiltrazioni anticlericali di «movimenti» filosofici influenti, alla cui matrice di pensiero si concedono apertamente ampi meriti nel preambolo della costituzione europea, affinché il cristianesimo ne venga escluso?Le motivazioni tecniche addotte per cui si ritiene che considerare eventuali modifiche sia una perdita di tempo sono molto poco credibili, tanto quanto è stupefacente la totale freddezza a tali richieste di figure politiche che ne hanno seguito i lavori trascurando in un temporaneo lapsus, speriamo transitorio, quasi duemila anni di storia.Giovanni Paolo II, proprio perché consapevole di ciò che comporterà questo momento delicato e di portata storica inestimabile, raccomanda insistentemente di inserire i valori del cristianesimo e della dottrina sociale della Chiesa nel preambolo in questione. La Chiesa, la cui esistenza è posta nel mistero del progetto di Dio, non si estinguerà mai, ma questa sicurezza non può permetterci di smorzare la guardia da eventuali, accidentali o meno, trascuratezze.

Indubbiamente una considerevole parte della produzione artistica europea è a carattere prettamente sacro ed è conservata, oltre che nei musei nazionali e collezioni private, nelle cappelle, chiese, basiliche e cattedrali disseminate in tutto il vecchio continente, mèta di imponenti flussi turistici da ogni parte del mondo. Dunque perché Chiesa e arte sì, e Chiesa e storia no? Se, nonostante i molteplici tentativi di dialogo e confronto, non si vorrà ammettere che il cristianesimo sia stato la linfa-radice dell’Europa nonché originale propulsore della sua storia, perché non stroncare questa immane assurdità, stupro morale, chiudendo i battenti di tutti questi luoghi di pregio artistico, storico, culturale, dalla stessa S. Pietro alla più umile chiesa di paese? Ciò sicuramente comporterà per la Chiesa un blocco istantaneo dei rispettivi proventi in denaro a costo però di veder riconosciuta la propria e reale importanza.

Sono sicuro che tra le immancabili proteste, una buona parte sia dell’opinione pubblica, anche non credente, sia del settore turistico europeo e mondiale, convergerà i propri interessi verso una comune prospettiva e premerà per far retrocedere dalle proprie posizioni qualche politico sbadato, o poco equanime, a favore di una giusta causa.È mia opinione che la Chiesa in alcuni momenti storici debba mostrare con coraggio, ed a costo di apparire inopportuna, la propria determinazione nella promozione e salvaguardia del proprio mandato che Cristo ha posto nelle sue mani, se necessario anche con gesti eclatanti, solo apparentemente degni di un fanciullo capriccioso o egocentrico.Emanuele GuidiPisa Su questo tema Toscanaoggi è intervenuta più volte, l’ultima il 7 settembre scorso con un «primo piano» e un editoriale, ed è a quegli interventi che la rimando per una risposta più ampia. Qui mi limito a ripetere che il testo del «Preambolo» della Costituzione europea va cambiato o, se non è possibile, eliminato del tutto. Nel momento in cui si vogliono solennemente ricordare le «radici» dell’Europa non si può tacere sulla sua bimillenaria tradizione cristiana. Ma l’insistenza del Papa su questo tema non è rivolta solo ai capi di stato e di governo che dovranno approvare o emendare la «Carta» dell’Unione. Perché ad aver dimenticato le «radici cristiane» sono soprattutto gli uomini e le donne che abitano in questo continente. È a loro, cioè a tutti noi, che Giovanni Paolo II chiede di recuperare la nostra tradizione.Detto questo, non credo che la chiusura di tutti gli edifici religiosi potrebbe «convertire» i cuori e le menti degli europei. Piuttosto dobbiamo rimboccarci le maniche e studiare le forme di una nuova evangelizzazione del continente.