E se ci fosse un’ultimissima possibilità per evitare l’inferno?
Nella risposta a «L’inferno esiste?» il prof. padre Athos Turchi afferma che quando saremo davanti a Dio, quindi dopo la nostra morte, potremo accogliere o meno l’invito ad entrare nel Paradiso. Io non capisco, sapevo che il Signore accoglie il nostro pentimento fino all’ultimo istante di vita terrena. Gesù non dice al buon Ladrone «oggi sarai con me in paradiso» al momento della visione beatifica ma quando il buon ladrone è ancora in vita. Sempre se ho ben compreso, lo spostamento del pentimento al momento dell’incontro con Dio, non mi sembra corrisponda all’insegnamento della Chiesa e svuoterebbe di senso il sacramento della Riconciliazione e la serietà delle scelte, che nell’esercizio della nostra drammatica libertà, compiamo nella nostra vita.
Alessandro Pacini
Gentile direttore, ho letto attentamente, su «Toscana Oggi» del 3 giugno, nella pagina «Ecclesia», «Risponde il teologo», la risposta di padre Athos Turchi, docente di Filosofia alla Facoltà teologica dell’Italia Centrale, e, aggiungo, apprezzato autore di molte pubblicazioni, alla domanda di un lettore che, dopo aver citato le parole del cardinale Martini, «Io nutro la speranza che presto o tardi tutti siano redenti» e le parole di Gesù «Venite, benedetti del Padre mio» e «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno», chiede se sia giusto quanto la Chiesa da sempre trasmette ed insegna in merito all’inferno, visto come supplizio eterno.
Padre Athos Turchi fornisce una sua opinione in merito all’inferno, dicendo che, dopo la morte, possiamo chiedere pietà a Dio, che volentieri ce la concede, stracciando tutti i peccati commessi. Ad ognuno, dopo la morte, dice padre Turchi, il Signore chiederà se vuole entrare nel paradiso, e, solo in caso di rifiuto, si aprirà la strada dell’inferno. Ogni opinione va rispettata, ma mi sembra che quanto da voi pubblicato sia in netto contrasto con ciò che dicono il Vangelo e la Chiesa, e quanto ribadito dai Papi, dalla generalità dei Vescovi, da Santi e Beati, da sacerdoti e suore, dai catechisti che ognuno di noi ha incontrato, dalla Madonna nelle apparizioni riconosciute, ed anche con quanto detto da Papa Francesco nella recente visita ai luoghi di Padre Pio. Se fosse vero quanto da voi riportato, cambierebbe nel modo più esteso la nostra vita di cristiani, cambierebbero i nostri doveri, i Sacramenti, il modo di vedere e concepire i nostri peccati, e la possibilità che abbiamo, durante tutta la nostra vita, di approfittare, a determinate condizioni, della grande Misericordia di Dio.
Tutto ciò premesso, gentile direttore, le rivolgo alcune domande: 1. Le risposte di carattere teologico, vengono esaminate da qualcuno prima di essere pubblicate su «Toscana Oggi»? 2. Tali risposte impegnano il settimanale delle Diocesi toscane, e le stesse diocesi della Toscana, nonché la Facoltà teologica dell’Italia Centrale, anche quando sono così difformi dall’insegnamento della Chiesa e possono confondere i fedeli? 3. Qualcuno dei Vescovi e dei sacerdoti della Toscana ha trovato qualcosa da eccepire su quanto da voi riportato a firma di padre Athos Turchi?
Le due lettere sul tema dell’inferno si riferiscono alla risposta data da padre Athos Turchi alla lettera di Giovanni Manecchia nella rubrica «Risponde il teologo» del 3 giugno scorso, come ricorda anche l’amico Bardotti. Lo dico per contestualizzare l’antefatto al quale vorrei aggiungere, come premessa, alcune considerazioni.
La prima è che sono profondamente grato alla Facoltà teologica dell’Italia Centrale perché la rubrica «Risponde il teologo» è la più seguita del giornale e testimonia della bella collaborazione che va avanti da anni. Seconda cosa vorrei ricordare ai nostri amici lettori che questo è un giornale, non è una rivista di teologia, e come tale si può permettere qualche dibattito e qualche libertà in più sia pure nel solco delle verità indicate dalla Chiesa.
Detto questo provo a entrare nel merito delle questioni premettendo ancora che io non sono un teologo e non ho la presunzione di dare risposte certe in materie così complesse. Le uniche risposte certe le posso dare a qualche domanda benevolmente «inquisitoria».
Partendo proprio da queste ultime, dico subito che non esiste nessuna forma di «censura» preventiva: le risposte del teologo non vengono esaminate da nessun altro se non dalla redazione. Le risposte, pertanto, impegnano il settimanale come per tutto quanto vi viene pubblicato. Non impegnano la Facoltà teologica, né tantoneno le diocesi, anche se i docenti della Facoltà, che rispondono in base alle loro convinzioni teologiche maturate in coscienza sulla base dei loro studi e della loro sensibilità, sono persone che godono della fiducia dell’autorità ecclesiastica, ovvero del vescovo che gli ha dato l’autorizzazione ad insegnare.
In quanto al terzo quesito dell’amico Bardotti, dico che solo alcuni lettori (non vescovi e sacerdoti a quanto mi risulta) hanno avuto da eccepire, anche perché la risposta di padre Athos non metteva in discussione l’esistenza dell’inferno, che è un dato di fede, ma cercava di allargare al massimo le prospettive di speranza per tutti recuperando alcune tesi che circolano da tempo anche su autorevoli riviste teologiche circa l’opzione finale: Dio si potrebbe rivelare a ciascuno con più chiarezza nel passaggio dalla vita alla morte per permettere a tutti di aderire a lui in libertà e senza condizionamenti. Si tratta di un’ipotesi su cui, per la verità, non tutti gli studiosi di escatologia concordano, ma che non è mai stata condannata dalla Chiesa, come invece è stata condannata l’idea che alla fine l’inferno sarà annientato.
Insomma, se quella di padre Athos più che una teoria è, come detto, una speranza la sottoscrivo volentieri. Io spero vivamente che la Misericordia di Dio, che è infinita, si possa manifestare in forme a noi incomprensibili come quella di darci, non so come, un’ultimissima possibilità per evitare l’inferno.
Andrea Fagioli