Don Milani il crocifisso lo toglieva
La croce deve essere prima che sulle pareti delle nostre scuole nel nostro cuore e nella nostra vita. «…da questo vi riconosceranno», non dal crocifisso che abbiamo al collo, ma dalla testimonianza della nostra vita.
Se nelle nostra aule manca il crocifisso, ma si insegna il rispetto per la vita, l’accoglienza, la solidarietà, l’attenzione ai più poveri, non solo è presente il crocifisso, ma è presente Colui che ha detto: «Non chi dice Signore, Signore… ma chi fa la volontà del padre mio».
Credo che il citato episodio della vita di don Milani possa essere fuorviante. La discussione che è tornata d’attualità in questi giorni non è se i cristiani nella loro opera di apostolato (qualunque esso sia, dalla scuola all’assistenza ai carcerati) possano rinunciare anche a dei segni esteriori, pur importanti, quando li ritengano un ostacolo oggettivo alla loro attività, ma se in nome della libertà di pensiero e della multiculturalità si debbano rimuovere dai luoghi pubblici tutti i riferimenti alla nostra tradizione religiosa, come appunto il crocifisso negli uffici o nelle scuole. Qui non si tratta di difendere qualche nostro privilegio, ma di rifiutare un’idea distorta e inaccettabile di «società multietnica». Gli insegnanti farebbero bene a spiegare a tutti cosa sia il Ramadan o la festa del Kippur, ma sbagliano quando impediscono di allestire un presepe o di parlare del Natale.