Dario Fo e l’analfabetismo religioso

Caro Direttore,desidero esprimerle alcune riflessioni sullo spettacolo di Dario Fo, trasmesso dalla Rai sul terzo canale tv, alle 21 del 26 agosto. Dalla piazza del Duomo di Modena, sopra un palco allestito a ridosso della magnifica Cattedrale, splendidamente illuminata, di fronte ad un numerosissimo pubblico entusiasta e plaudente, l’attore si è esibito in una lunghissima tiritela tendente ad illustrare la storia e le opere d’arte nello splendido edificio sacro. Le convinzione di Dario Fo sono ben note, ma era lecito aspettarsi da un premio Nobel un minimo di onestà intellettuale. Egli è libero di non accettare le tesi teologiche proposte dalla Sacra Scrittura, ma non per questo può stravolgere il testo sacro, cosa che, invece, ha fatto sistematicamente.

Mi limito a due esempi. Di fronte al bassorilievo rappresentante la caduta di Adamo ed Eva, ha detto che i progenitori, pur essendo perfettamente consapevoli dei beni che perdevano trasgredendo il comando di Dio, hanno preferito «la conoscenza» a qualunque altro bene, essendo essa per l’uomo il bene più grande. Togliendo la specificazione di questa conoscenza («del bene e del male») appariva evidente che Dio voleva costringere l’uomo all’ignoranza.

Seconda «perla»: l’uomo e la donna sono rappresentati nel bassorilievo senza sesso per indicare che erano simili agli angeli, ma anche in questo caso hanno scelto il gran bene della sessualità proprio contravvenendo al comando di Dio. Bastava leggere il testo della Genesi per accorgersi che Dio aveva voluto la sessualità come componente essenziale della persona umana, e che l’ordine di «crescere e moltiplicarsi» era stato dato subito dopo la creazione e quindi prima del peccato.

Non le pare che sarebbe giusto alzare una voce di protesta?Adriana SguanciFirenze La trasmissione a cui lei, gentile signora, fa riferimento non deve meravigliare più di tanto. Lo «stile è l’uomo» e Dario Fo ha costruito gran parte del suo successo distinguendosi per atteggiamenti disinvolti e dissacratori nei confronti soprattutto dei valori religiosi, anche a scapito – come nei due esempi da lei citati – della verità testuale e quindi della serietà culturale. È ormai una moda: sulle «cose di Dio» e sulla Chiesa tutti, intellettuali compresi, si atteggiano ad esperti, pur essendo molto spesso degli orecchianti. Resta comunque il disagio dei credenti che vedono irridere a valori per loro importanti, attraverso la tv che dovrebbe essere, in tutte le trasmissioni, rispettosa delle varie sensibilità religiose ed etiche. Ma tant’è: il rispetto spesso si ferma alle porte di Chiesa.La cosa più grave però, a mio parere, non è quel che ha detto Dario Fo: è che molti spettatori – anche cristiani – sono convinti dell’esattezza delle sue interpretazioni bibliche. È questo crescente «analfabetismo religioso», che genera e perpetua pregiudizi (per esempio, in ordine alla sessualità a cui si è fatto riferimento nella trasmissione), che preoccupa, anche perché è oggi uno fra i maggiori ostacoli all’evangelizzazione nel nostro Paese. E proprio l’arte – al di là delle interpretazioni alla Dario Fo – può oggi rappresentare per tante persone un’occasione di conoscenza-catechesi, come dimostrano le iniziative di molte diocesi della nostra regione.