Con la famiglia di Giulio Regeni chiediamo verità e giustizia

Da quattro anni non riusciamo a far rientrare il marò Girone in attesa del pronunciamento dell’arbitrato internazionale. Ora non riusciamo a sapere la verità su Giulio Regeni. Si sa solo che è stato torturato ed è morto in un pestaggio, per la frattura dell’osso del collo, provocata da un colpo violento. Però l’Egitto non dice chi l’ha ucciso. A questo punto dobbiamo esigere che il Governo italiano reagisca con tutta l’energia necessaria.

Mario Pulimanti

Sul caso Regeni non c’è dubbio che si debba «esigere che il Governo italiano reagisca con tutta l’energia necessaria». Già il fatto di aver richiamato il nostro ambasciatore per consultazioni è un primo passo al quale ne devono seguire altri ben più decisi. Quello che è stato fatto al giovane Giulio è di una crudeltà tale che non può lasciare quieto nessuno di noi. Con la famiglia Regeni, che ha mostrato una grandissima dignità pur nell’immenso dolore che l’ha colpita e che ancora l’affligge, dobbiamo chiedere tutti insieme a gran voce che si faccia chiarezza su quanto accaduto e giustizia nei confronti dei responsabili delle torture e dell’atroce pestaggio del ricercatore italiano. Ci auguriamo che il nostro Paese a livello diplomatico non mostri con l’Egitto la debolezza che ha mostrato con l’India nell’altra vicenda ricordata dal nostro lettore, quella dei due marò. In questo secondo caso non siamo di fronte ad un atroce delitto materiale, ma a uno stillicidio psicologico contro due esseri umani, che se anche fossero responsabili dell’uccisione dei due pescatori scambiati per pirati, hanno diritto a un processo e al rispetto della loro dignità di persone. I due casi, sia pure diversi, sono comunque accumanati dall’intollerabile atteggiamento ostile dei due governi, da una serie di depistaggi e di sberleffi nei confronti del nostro Paese e prima ancora delle famiglie così duramente provate dalle due vicende.

Andrea Fagioli