Come ti rovino una fiction
«Un medico in famiglia» è indubbiamente uno sceneggiato che ha incontrato il favore del pubblico sia per la bravura e la simpatia degli interpreti primo fra tutti Lino Banfi sia per aver portato alla ribalta le vicende di una famiglia normale, che sa aprirsi agli altri con una fitta rete di rapporti e dove si affrontano e si risolvono i problemi, certo con un po’ di semplicismo, ma anche con un buon senso che fa però riferimento ad alcuni valori: la famiglia, l’amicizia, la solidarietà.
E proprio sull’onda del successo ottenuto e di un cliché collaudato, si è pensato bene di continuare e così si è giunti… alla quarta serie, che però mostra chiaramente quelle cadute di stile che lei evidenzia, caro Di Legge, e che soprattutto si evidenziano nel modo un po’ superficiale di intendere e di impostare i rapporti sentimentali, che finisce per rendere accettabili comportamenti disinvolti che coinvolgono i giovani protagonisti, ma che in fondo trovano approvazione in tutti.
E la nostra recensione lo sottolineava, affermando che «a questo risvolto poteva essere necessaria una maggiore attenzione, soprattutto per un prodotto amato e seguito dal pubblico italiano senza distinzioni eccessive in termini di fasce generazionali». Avviene infatti che gli spettacoli di intrattenimento ci trasmettono modelli di comportamento che finiscono per influenzarci più di quanto siamo disposti ad ammettere. Si dice, forse con un po’ di esagerazione, che nel cambiamento del costume degli italiani le fiction abbiano avuto un ruolo non secondario, proprio presentando come diffusi, normali e quindi leciti comportamenti che in precedenza erano generalmente considerati negativi. È il «potere» della tv da cui ci si libera sviluppando quel senso critico che sa valutare ciò che ci viene presentato alla luce dei valori in cui crediamo. Questo fa sì che lo spettatore non diventi teledipendente.