Artigiani in parrocchia per rilanciare il lavoro
I giovani ventottenni non sono sfigati se non sono laureati; spesso lavorano saltuariamente e fanno quel che possono con gli studi. Qualcuno ha perso l’occasione per stare zitto su questo argomento. In Toscana la situazione del lavoro (giovanile e non) è drammatica e non si vede l’uscita dal tunnel. Purtroppo la nostra regione non ha grandi industrie (se non il turismo e l’agricoltura d’eccellenza). Molti lavori tradizionali dei nostri padri sono botteghe artigiane in cui grava molto il costo del lavoro delle mani e la concorrenza estera che impiega i bambini le spiazza. Fra i costi gravosi delle nostre realtà artigiane e commerciali brillano gli affitti dei locali e le tasse. Questa situazione non è passeggera come nel 1929 ma è, purtroppo, epocale.
Nei momenti di grandi cambiamenti i cattolici hanno sempre saputo da che parte stare e si sono distinti personaggi di pregio (sacerdoti e laici) che hanno dato il via a rinnovamenti dello spirito e delle questioni del lavoro. Parlando fuori dai denti, parrocchie ed altri istituti religiosi accusati di non pagare l’Ici, possono dare una lezione di lavoro intelligente mettendo a disposizione di cooperative artigiane giovanili alcuni locali parrocchiali a canone basso o, addirittura, in comodato gratuito per un certo periodo di tempo da far decollare la ripresa dei vecchi lavori che costituivano la spina dorsale delle esportazioni toscane.
Ciò senza sottrarre troppi spazi alle necessità pastorali che, anzi, devono affiancare il mondo del lavoro e le opere di misericordia tipiche della collettività toscana in genere da secoli. Sarebbe bene far nascere in questi spazi parrocchiali anche piccole nuove case di riposo per anziani parrocchiani soli ed asili nido. Sappiamo benissimo che la burocrazia impedisce spesso queste attività con eccessi di regole formalmente giuste ma inique nella sostanza. Tuttavia il popolo toscano ha grandi tradizioni di opere di misericordia e non può lasciare che sia il solo mercato a guidare le case di riposo ove, si dice, le rette siano troppo alte e tanti non possano più permettersele con la crisi. Ma non possiamo tornare indietro nella carità per colpa del mercato. C’è sempre un meraviglioso volontariato che può fare del bene senza le regole dei «mercati».
Sono d’accordo con lei, caro Politi, la situazione sul fronte del lavoro è davvero difficile, soprattutto per i giovani, che non riescono a trovarlo, ma ancor più per le persone tra i quaranta e i cinquant’anni, nel caso lo dovessero perdere. I giovani certo non hanno responsabilità in questa congiuntura così negativa. Ne abbiamo invece noi adulti, in particolare la cosiddetta classe dirigente, incapace di lungimiranza, anche nel passato recente. Adesso sembra tutto più difficile. C’è un pessimismo diffuso, c’è paura. Non si pensa ad altro che tagliare. Ce ne accorgiamo tutti i giorni anche noi da questo piccolo osservatorio che è il settimanale delle diocesi toscane. Mi piace quindi la sua proposta, forse un po’ utopica, che rappresenta comunque un’iniezione di ottimismo. Rilanciamo pertanto da queste colonne l’idea che lei definisce «una lezione di lavoro intelligente». In quanto al volontariato fa bene a ribadire che la carità non è soggetta alla regole dei mercati. Ci mancherebbe altro!
Andrea Fagioli