Art. 18, un diritto sacrosanto

Caro Direttore,

questo è un periodo in cui si sente spesso parlare dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori come di articolo da modificare. Ho riletto tale articolo e nella parte che cita: «…il giudice con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi dell’art. 2 della predetta legge o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo, ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa…».In queste parole non vedo niente di sorpassato, da togliere o modificare e questo mi sembra debba essere chiaro per tutte le persone, in particolare per i cattolici, senza dover giustificare con «se» o con «ma», anche se le implicazioni sono tante e i comportamenti pure (i «furbi» ci sono in tutte le categorie di persone!).

Per me, questo articolo deve rimanere, preché difende le persone più deboli. Le persone, che fanno il loro dovere, si sentono protette da queste «piccole e innocue» parole, come potranno apparire alle nuove generazioni, ma non per noi, più anziani. Per me rimanogono ricche di significato ed immutabili nel tempo!

Lori PecchioliFirenze

C’è molta ideologizzazione, da una parte e dall’altra, su questo articolo 18. Non vedo come la sua abolizione – tra l’altro, senza concertazione con le parti sociali – possa favorire il benessere del Paese. Ma mi rendo anche conto che il mercato del lavoro è profondamente cambiato e che il sindacato non può limitarsi nella difesa ad oltranza delle conquiste raggiunte in passato, senza adeguare la propria azione ai mutati scenari economici e lavorativi.

Le altre lettere su questo argomento:

Art. 18, sindacato diviso

Art. 18, una risposta troppo diplomatica

Art. 18, uno strano braccio di ferro